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La premier Giorgia Meloni
L’Italia ci sperava ma la quarta conferenza sulla ricostruzione in Ucraina, quella che inizia oggi a Roma, non sarà ancora operativa. La pace è troppo lontana. Le incognite sono innumerevoli. I quattro settori nei quali si articola la Conferenza, stabiliti l'anno scorso nella Conferenza di Berlino, la terza dopo Lugano e Londra, non potranno andare molto oltre il dibattito sul punto chiave all'odg: gli investimenti privati. Il costo complessivo della ricostruzione si avvicina, per ora, ai 600 mld nell'arco di 10 anni.
Senza gli investimenti privati l'impresa è praticamente impossibile ma quegli investimenti, nell'incertezza complessiva, latitano. La premier italiana, che mira a rendere il Paese che governa uno dei più coinvolti nell'affare che ha tutto il suo lucroso versante, mira comunque a superare i 16,5 mld di investimenti privati raggiunti a Berlino e a conquistare una postazione politicamente eminente che avvantaggi l'Italia nel futuro business della ricostruzione.
Qualche mese fa quel risultato sarebbe apparso fuori portata. Oggi non lo è più. L'Italia ambisce, con ragionevoli probabilità di farcela, a profilarsi come Paese allo stesso tempo schierato senza alcuna esitazione e senza distinguo con Kiev e in grado di contribuire a spostare la volubile pedina fondamentale: Donald Trump.
A Roma ci sono Zelensky, che ha incontrato ieri sia il papa che Sergio Mattarella, Ursula von der Leyen, il tedesco Merz e il polacco Tusk. Mancano due attori fondamentali: Macron e Starmer. Sono a Londra, per la riunione dei Volenterosi, i Paesi riuniti sulla carta per intervenire con una forza di pace ma che, essendo la pace al momento un miraggio, incarnano piuttosto l'area più drastica e combattiva dell'Europa. E' stato il ministro della Difesa francese, ieri, a definire la richiesta russa di smilitarizzazione dell'Ucraina non solo inaccettabile ma ' una linea rossa assoluta'. I due spezzoni dell'Europa si incontreranno oggi in videoconferenza, alcuni da Roma, gli altri dalla base militare in Gran Bretagna dove si vedono i leader più Volenterosi.
La carta che Giorgia può giocare è il ripensamento di Donald Trump, passato nel giro di pochi giorni dal coprire di elogi Putin e di rimproveri a volte palesi e a volte nascosti Zelensky a bollarlo come uno ' che dice solo un mucchio di stron...'. E' improbabile che nella svolta a U la premier italiana abbia avuto un ruolo rilevante. Però sta di fatto che è lei la leader europea più vicina a Trump, quella incaricata di provare a rabbonirlo e spostarlo dalle posizioni iniziali in rotta di collisione con l'Europa non solo sui dazi ma anche appunto sull'Ucraina. Dunque, qualunque sia l'elemento che ha determinato il cambio di linea del tycoon, la svolta va comunque a vantaggio dell'amica romana. Sempre che l'imprevedibile per eccellenza non ci ripensi di nuovo e con Trump non si può davvero mai dire.
Ma senza nuove capriole presidenziali, Meloni punta a presentare a Zelensky un occidente di nuovo unito al suo fianco, accreditandosene buona parte del merito. Se poi il presidente americano tornasse sulla decisione di non fornire più i Patriot a Kiev, della quale secondo la stampa americana non era neppure stato avvertito preventivamente, sarebbe l'en plein. Non è escluso. Trump fa sapere di stare valutando l'ipotesi.
In più la premier ha due carte forti nella manica, per il solo fatto di guidare il governo italiano: Mattarella e Leone. Il presidente è uno dei leader più rispettati che ci siano in Europa, considerato uno dei veri padri dell'Unione. La sua posizione sull'Ucraina è sempre stata fermissima e ieri ricevendo l'ospite al Quirinale, Mattarella ha ribadito: ' Vorrei esprimere l'ammirazione per il vostro popolo, che rafforza la nostra convinzione di appoggio e sostegno pieno alla sovranità, all'indipendenza e alla integrità territoriale dell'Ucraina'. Parole nettissime che fanno del presidente un vero e proprio garante dell'Italia agli occhi di Kiev e dell'intera Europa. Ma anche Leone XIV, che ieri dopo l'incontro con il presidente ucraino ha confermato la disponibilità del Vaticano a ospitare colloqui di pace, è una presenza di massimo rilievo. Il suo predecessore aveva sempre mantenuto una certa freddezza nei confronti del Paese aggredito.
Con il papa americano le cose sono cambiate e ancor più potrebbero cambiare in futuro e anche questa sarebbe una carta vincente per Giorgia al tavolo del grosso affare che primo o poi diventerà concreto nell'Ucraina da ricostruire.