Milad in arabo significa “Natale” ed è un nome che non è stato scelto a caso. «Sono nato a Betlemme nella settimana di Natale», dice al Dubbio Milad Fatouleh, cantante e musicista cristiano- palestinese che da diversi anni ha anche la cittadinanza italiana. Il legame con l’Italia è fortissimo. Risale al 2004, quando Milad, che allora non aveva ancora compiuto dieci anni, partecipò allo Zecchino d’Oro in rappresentanza della Palestina. Cantare è per il giovane palestinese, oltre che una forma d’arte, un modo per pensare al futuro con ottimismo, nonostante la tragedia che si sta consumando sulla Striscia di Gaza e le sistematiche violenze in Cisgiordania. Milad si trova attualmente a Betlemme. La Striscia di Gaza, ridotta ormai ad un cumulo di macerie, dista neanche cento chilometri. L’esercito israeliano, su ordine del premier Bibi Netanyahu, si appresta ad avviare l’operazione militare per sradicare definitivamente Hamas e liberare gli ultimi ostaggi del 7 ottobre 2023.

Betlemme, culla della cristianità, è ridotta oggi ad una città fantasma. «Vederla in queste condizioni – commenta Milad Fatouleh - mi fa piangere il cuore. La popolazione di Betlemme vive di turismo, con i suoi negozi, il pregiato legno d’ulivo, la madreperla. Da troppo tempo ormai in tanti non riescono a portare neanche più un pezzo di pane a tavola. Le strade sono deserte, la grotta della Natività non è più meta di pellegrinaggi. Le strade, che un tempo erano piene di turisti provenienti da tutto il mondo, ora sono semplicemente deserte».

L’invasione della Striscia di Gaza da parte dell’Idf è sempre più vicina. Il rischio, secondo Milad, è la prosecuzione di una tragedia: «Le notizie che giungono dalla Striscia sono terribili. Gaza è sotto assedio dal 2007, ma nessuno ne parla. Tutti rievocano il 7 ottobre, ma sono in pochi quelli che ricordano le case distrutte, gli anni di bombardamenti e di assedio di Gaza. Purtroppo, la Terra Santa vive una continua guerra che non ci porterà da nessuna parte. Temo che se Netanyahu ordinerà l’ingresso dell’esercito a Gaza assisteremo ad un bagno di sangue».

Milad conosce bene il lavoro dei media in una regione in cui è sempre più difficile documentare quanto accade. «I giornalisti di Al Jazeera uccisi domenica scorsa – riflette Fatouleh - riuscivano in qualche modo a far giungere notizie dalla Striscia di Gaza. I giornalisti sono sempre i primi a essere presi di mira. Perché colpirli? Un giornalista dovrebbe essere protetto dalla legge. Le Convenzioni di Ginevra forniscono un quadro normativo chiaro per preservare i giornalisti dagli attacchi durante i conflitti armati, sottolineando il loro diritto alla sicurezza e all’assistenza, ribadendo il loro ruolo come civili che devono essere tutelati. Spero che si parli sempre del sacrificio di tanti giornalisti morti mentre facevano il loro lavoro. Voglio ricordare a tal proposito anche Shireen Abu Akleh, uccisa dagli israeliani in Cisgiordania nel 2022, ben prima della guerra di Gaza. Mi è sempre venuto il dubbio che i giornalisti siano considerati su un livello inferiore, senza nessun diritto».

Fatouleh ha anche il passaporto italiano. Ventuno anni fa, quando partecipò allo Zecchino d’Oro, conobbe una famiglia della provincia di Bari con la quale si instaurò subito un rapporto di grande amicizia. Nel 2006, durante la seconda Intifada, gli amici pugliesi si mobilitarono per far venire in Italia Milad e i suoi genitori. Fu l’inizio della nuova vita nel nostro Paese. «Sono italiano – evidenzia il giovane nato a Betlemme - a tutti gli effetti. Eppure, se presento il mio passaporto al confine israeliano o all’aeroporto di Tel Aviv, viene rifiutato. Mi viene negato il diritto di essere italiano. Se dovessi presentarmi davanti a qualsiasi confine del mondo con il mio passaporto, non credo che l’autorità competente ai controlli rifiuterebbe di riconoscermi come cittadino italiano. Israele invece lo fa e nessuno ne parla o si interessa. Se fossi un palestinese con cittadinanza americana, oltreoceano non avrei problemi. Spero che l’Italia e l’Europa si facciano rispettare di più. Non penso che esistano italiani di serie B. Poco dopo la mia nascita, a Betlemme è scoppiata la Seconda Intifada. Io e i miei genitori siamo stati fortunati. Abbiamo lasciato la Palestina per trovare un futuro migliore in Italia, dove siamo stati accolti benissimo e mai nessuno mi ha fatto sentire diverso dagli altri italiani».