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CASSAZIONE
Il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, ha denunciato i “numeri bulgari” delle valutazioni dei magistrati: «Tutti promossi, nessuno giudicato davvero», visto che il 99% di loro ottiene valutazioni positive. Ne parliamo con Rinaldo Romanelli, segretario dell’Ucpi che ci dice immediatamente che si tratta di «un sistema estremamente complesso che in concreto però non produce alcun risultato, se non quello di attribuire alla quasi totalità dei valutati un giudizio “positivo”, che consente l’avanzamento al livello successivo di carriera e stipendiale. Leggendo gli esiti di queste valutazioni, i magistrati sarebbero tutti, evidentemente, eccezionali e infallibili».
Tutto questo per il penalista dipende da due ragioni: «La prima, e la più evidente, è il conflitto di interessi tra valutatori e valutati. I primi sono, infatti, eletti sulla base di un rigoroso sistema di appartenenza alle correnti, dagli stessi magistrati che vengono sottoposti alle valutazioni di professionalità. Come si può pretendere che si pongano in una posizione di effettiva distanza e imparzialità nel momento in cui giudicano il loro collega “elettore”?».
La seconda «è che queste valutazioni sono strutturate proprio per evitare ogni distinzione in relazione al merito e alle qualità professionali del magistrato. All’esito del percorso valutativo si raggiunge un giudizio “positivo”, oppure, molto di rado, meno dell’ 1% dei casi, se si sono commessi fatti gravi che hanno dato luogo a procedimenti disciplinari o penali, un giudizio “non positivo”, o “negativo”. Non vi è mai, né vi può essere, una distinzione di merito che riconosca le effettive capacità professionali del magistrato».
Il risultato per Romanelli è «che quando più magistrati si candidano per ottenere un incarico direttivo, sono tutti uguali, perché sono tutti eccezionali, e dunque si apre lo spazio per poter decidere, non in base al merito, ma all’appartenenza correntizia». Le soluzioni? «Eliminare il conflitto di interessi e introdurre un sistema di valutazione che distingue i magistrati anche in base al merito. Questo li potrebbe liberare dal giogo delle devianze correntizie. Se il magistrato venisse correttamente valutato in base alla sua attività professionale, non avrebbe necessità di far parte di alcuna corrente per sviluppare naturalmente la propria carriera, secondo i meriti dimostrati sul campo». Inoltre, «sarebbe opportuno dare più spazio all’avvocatura e anche all’Accademia, non solo perché soggetti portatori di sensibilità e di culture diverse, che potrebbero arricchire le valutazioni, ma anche perché questo limiterebbe l’autoreferenzialità delle valutazioni, che inevitabilmente induce meccanismi corporativi di protezione che sono sotto gli occhi di tutti».
Il sorteggio previsto dalla riforma costituzionale potrebbe aiutare? «Il sorteggio interromperebbe proprio il conflitto di interessi tra valutatori e valutati, che rappresenta la causa principale della evidente inefficacia dell’intero sistema delle valutazioni di professionalità. Valutatori che non hanno debiti di riconoscenza e non rispondono ad ordini di scuderia, potrebbero operare con il necessario distacco che dovrebbe caratterizzare qualunque “commissione d’esame”», conclude Romanelli.


