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Processo ad Alessia Pifferi in tribunale con L’avvocato Alessia Pontenani - Cronaca - Milano, Italia - Lunedì, 13 Maggio 2024 (foto Stefano Porta / LaPresse) Trial of Alessia Pifferi in court - News - Milano, Italy - Monday, May 13, 2024 (photo Stefano Porta / LaPresse)
Sconto di pena in appello per Alessia Pifferi, condannata a 24 anni per l'omicidio della figlia Diana, lasciata morire di stenti nel luglio del 2022. In primo grado la donna era stata condannata all’ergastolo, dopo una dura battaglia tra accusa e difesa sulla capacità di intendere e di volere dell’imputata, rimasta impassibile alla lettura della sentenza.
L’avvocata generale della Corte d’Appello di Milano Lucilla Tontodonati aveva chiesto la conferma del carcere a vita, dopo una requisitoria durata circa due ore e mezza, con la quale ha ripercorso la «dolorosissima» vicenda della piccola Diana, di soli 18 mesi, lasciata sola a casa per sei giorni. Il collegio, presieduto da Ivana Caputo (giudice a latere Franco Anelli) ha eliminato l’aggravante dei futili motivi (la premeditazione non era stata riconosciuta già in primo grado) e ha bilanciato l’altra aggravante del legame di discendenza con la bambina riconoscendo a Pifferi - difesa dall’avvocata Alessia Pontenani - le circostanze attenuanti generiche. La sentenza ha anche eliminato la condanna alla misura di sicurezza della libertà vigilata al termine della pena e ha mantenuto a carico di Pifferi la condanna a rifondere le spese a madre e sorella, costituite parti civili con l'avvocato Emanuele De Mitri. Non è stato indicato un termine per il deposito delle motivazioni che potrebbero quindi essere disponibili nel giro di una quindicina di giorni.
«È indifferenza nei confronti della bambina, è noncuranza, non è incapacità di capire se quello che lascia alla figlia basti o meno», ha affermato Tontodonati. Secondo cui Pifferi era capace di intendere e di volere e di capire le conseguenze di aver lasciato «cinque giorni e mezzo in una Milano calda, con le finestre chiuse che ha aperto solo al suo ritorno» la figlia Diana. Secondo la pm, «non si ravvisa alcuna reazione acuta dal punto di vista psicotico: Pifferi è riuscita ad adattarsi anche al contesto carcerario e questa è una prova di intelligenza e capacità di sapersi muovere nella realtà storica».
E per quanto sia difficile «pensare che una madre possa decidere che non le importi o le importi poco o nulla di sua figlia», ciò «accade e dobbiamo partire da questo presupposto. In questo caso la condotta è particolarmente raccapricciante perché è una condotta omissiva: non è una madre che butta la figlia dalla finestra, ma la lascia per cinque giorni a soffrire, per cinque giorni da sola nel caldo di Milano». Una vicenda, appunto, «dolorosissima, direi tragica, atroce. Alessia Pifferi lascia la figlia Diana in un lettino da campeggio con un biberon di latte e una bottiglietta d'acqua», ha aggiunto Tontodonati. «Non dobbiamo dimenticare che abbiamo ben due perizie d’ufficio, oltre le consulenze di parte, che concludono per la piena e totale capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi».
Proprio tale aspetto ha scatenato, in primo grado, una dura battaglia tra accusa e difesa, con il pm Francesco De Tommasi che ha anche chiesto la condanna dell’avvocata Pontenani, di tre psicologhe e del consulente Marco Garbarini, accusati di aver fatto passare per pazza l’imputata attraverso la somministrazione di alcuni test. Pifferi, ha aggiunto Tontodonati, è una persona «egocentrica, che tende a occuparsi delle proprie esigenze. L’accertata imputabilità non può che coincidere con la colpevolezza, sono le sue condotte, il suo non garantire questioni primordiali della vita umana» alla figlia Diana a determinarne la sua morte. «Nessuna patologia al mondo può far ritenere che la mente si disconnetta a tratti».
Opinione totalmente diversa da quella di Pontenani, secondo cui «quando si parla con Alessia Pifferi, ci si rende conto che è un vaso vuoto. Non riesce a ragionare. Tutti i test anche del primo grado - ha aggiunto - ci dicono che Pifferi non ragiona. Non riesce a trovare soluzioni alternative. Non è una persona normale. Lei ragiona a modo suo. Nel momento in cui lascia la prima volta la bambina da sola con due biberon, arriva a casa e vede che sta bene». Pontenani ha poi sottolineato che «nessuno si è mai preoccupato né di Alessia né di Diana. Nessuno ha fatto nulla. Perché avrebbe dovuto uccidere la bambina? Poteva ucciderla in tutti in modi».
«Io come avvocato difensore del “mostro” - ha spiegato Pontenani - sono tacciata di essere un mostro a mia volta. Forse Alessia Pifferi è un mostro, ma siamo sicuri che abbiamo voluto ucciderla volontariamente? No, io ne sono sicura. Alessia Pifferi è una persona buona, che non ce la fa ad essere cattiva perché per essere cattivi bisogna essere intelligenti. Vengo accusata di prendermela con la famiglia di Alessia, ma è pacifico che questa donna sia stata lasciata a se stessa. Io sono figlia unica ma se avessi una sorella che partorisce in un water non andrei a dire tronfia in tv che non mi faceva andare in casa, non ci litigo per 200 euro dell’affitto in nero. Non c’è stato tessuto sociale, non c’è stato affetto, nessuno si è occupato di lei: certo lei è antipatica, racconta bugie, ma non è possibile che nessuno si rendesse conto. Alessia manda la foto delle piaghe di Diana alla madre, se io ricevo una foto come questa non mando i pannolini da Crotone, ma alzo il telefono chiamo l’altra mia figlia e le dico di andare a vedere cosa sta succedendo. Nessuno ha fatto nulla».
Ma non solo Pifferi, ha spiegato la legale, «non è mai stata una bambina, adolescente, adulta normale. La procura dice che non è pazza, ma nessuno dice che Alessia Pifferi è pazza. Alessia Pifferi è una ritardata mentale perché tutti i test ci dimostrano questo. Aveva problemi fin dall’infanzia, non era discalculica come ha detto il consulente della procura, Alessia Pifferi ha deficit su ogni aspetto della mente umana, viene definita portatrice di handicap. Alessia Pifferi non ha nulla dentro, perché quando provi ad approfondire un concetto, Alessia non ce la fa. Non ha nulla di normale, non stiamo parlando di una persona normale. Tutti i test fatti in primo grado ci dicono che non ha capacità controfattuale, non ragiona, non riesce a trovare soluzioni alternative. Questo risulta dai test, non è una persona normale, non è come noi». Pontenani ha annunciato ricorso in Cassazione, considerando la sentenza, per quanto migliore dell’ergastolo, comunque non giusta. «Resto convinta che non è stato un omicidio - ha evidenziato – ma un abbandono, ora attendiamo le motivazioni».
Dura Viviana Pifferi, sorella di Alessia, dopo la sentenza: «Non è giustizia. Questa sentenza lascia l’amaro in bocca e dolore per una bambina che non c’è più - ha commentato -. Lei non ha nessun rimorso di coscienza, ma si danno solo 24 anni a una mamma che è andata a divertirsi invece di badare alla figlia».


