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VACCINO COVID
Il confronto giuridico sul rapporto fra libertà individuali e obblighi sanitari si arricchisce di un nuovo capitolo dopo il parere reso dall’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Tamara Capeta, in merito al caso di un militare italiano sospeso durante la pandemia per essersi rifiutato di ricevere il vaccino anti-Covid, all’epoca indispensabile per il personale delle forze armate. L’analisi dell’Avvocato generale chiarisce che la legislazione antidiscriminatoria dell’Unione non impedisce agli Stati membri di introdurre l’obbligo vaccinale, anche quando questo contrasti con l’opinione personale degli interessati.
Secondo Capeta, la direttrice interpretativa è netta: le obiezioni del ricorrente, basate da un lato su dubbi sull’efficacia e sulla sicurezza del vaccino e dall’altro sulla contestazione delle scelte del governo italiano, non rientrano tra le “convinzioni” filosofiche, religiose o spirituali tutelate dalla direttiva 2000/78 sulla parità di trattamento nell’occupazione. Piuttosto, rappresentano opinioni critiche di natura politica o personale che esulano dal perimetro della norma europea. Da qui la conclusione: la sospensione senza retribuzione decisa nei suoi confronti per circa due mesi non può essere considerata discriminatoria.
Il caso era stato rimesso alla Corte dal giudice nazionale per valutare la compatibilità della misura con la direttiva europea. Capeta ricostruisce come il militare avesse impugnato la decisione, sostenendo che l’obbligo vaccinale violasse il divieto di discriminazione per “religione o convinzioni personali”. Ma la giurisprudenza europea, osserva l’Avvocato generale, distingue in modo netto tra convinzioni filosofico-spirituali e semplici opinioni politiche o sanitarie. Nella fattispecie, il rifiuto del vaccino non possiede i caratteri necessari per essere qualificato come genuina convinzione filosofica.
Il parere, pur non vincolante, offre alla Corte una traccia ulteriore. Capeta precisa che, anche qualora i giudici di Lussemburgo dovessero ritenere il rifiuto una “convinzione” rilevante ai sensi della direttiva, l’obbligo vaccinale introdotto dallo Stato italiano sarebbe comunque legittimo come forma di discriminazione indiretta giustificata, necessaria e proporzionata al fine di tutelare la salute pubblica in piena emergenza sanitaria.


