Impedire l’accesso agli atti all’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili è stato un gesto illegittimo. Tanto ha stabilito il Tribunale dell’Ue, che ha annullato la decisione del Parlamento europeo di negare a Kaili l’accesso a determinati documenti.

La vicenda precede lo scandalo Qatargate e riguarda alcuni accertamenti effettuati dal Parlamento sui compensi agli assistenti: nell’ambito di questo accertamento amministrativo, l’Eurocamera aveva chiesto a Kaili di rimborsare alcuni fondi, usati, a dire del Parlamento, in modo irregolare dai suoi assistenti. L’Olaf, l’organo responsabile delle questioni finanziarie e della gestione dei fondi Ue destinati ai deputati, aveva effettuato i controlli sulle spese, analizzando fatture e documentazioni. Pur dichiarandosi non responsabile, Kaili aveva deciso di rimborsare quei fondi al Parlamento, per chiudere definitivamente la questione.

L’accordo di restituzione era stato già raggiunto, ma a seguito degli arresti del 9 dicembre 2022, data del “Qatargate”, la procura europea ha aperto una procedura penale, ritenendo che rispetto ai fondi potesse configurarsi un reato. Il 15 dicembre 2022, infatti, la procuratrice capa europea, Laura Kövesi, ha chiesto alla Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, di revocare l’immunità parlamentare di Kaili, decisione con ogni probabilità influenzata dall’indagine sulla presunta corruzione all’interno delle istituzioni europee. Una questione amministrativa ormai chiusa si è trasformata in un procedimento penale, con conseguenze ben più gravi.

La difesa di Kaili ha chiesto perché fosse stato aperto un procedimento penale su una questione già chiusa e ha domandato l’accesso agli atti, per verificare se il Parlamento avesse trattato con lo stesso rigore altri casi analoghi - circa 150, tutti risolti a livello amministrativo. La domanda era chiara: il Parlamento applica lo stesso metro a tutti gli altri deputati, trasformando ogni procedura amministrativa in penale? Oppure si tratta di una persecuzione politica mirata contro Kaili, a causa del Qatargate? Il Parlamento ha però negato l’accesso a tali documenti, sostenendo che tale accesso avrebbe pregiudicato la tutela del procedimento giudiziario. Motivazioni smontate dalla Corte nella recente sentenza.

La sentenza del Tribunale Ue ha infatti riconosciuto il diritto di Kaili di accedere agli atti, evidenziando che la stessa non pregiudica la tutela dei procedimenti giudiziari. I documenti richiesti, affermano i giudici, riguardano l’attività amministrativa del Parlamento e non contengono posizioni interne del Parlamento relative a tale fascicolo.

Inoltre, l’oggetto dei documenti richiesti è diverso dall’oggetto della causa portata dinanzi al Tribunale. E la loro divulgazione non è tale da compromettere la parità delle armi nella causa portata dinanzi al Tribunale. «Il fascicolo della signora Kaili è stato compromesso da un numero incalcolabile di irregolarità, di pregiudizi e di violazioni dei suoi diritti fondamentali - ha dichiarato l’avvocato Christophe Marchand, difensore di Kaili -. Dal lato della sua difesa, siamo sempre stati convinti che la giustizia avrebbe finito per trionfare, in particolare grazie ai giudici dell’Unione Europea. Questa prima vittoria indica la strada verso il ripristino dei suoi diritti e l’affermazione della sua innocenza».

La vicenda, dunque, sembra rientrare nella strategia del “Qatargate”, sfruttandone il clamore mediatico e politico. E tale decisione sembra rappresentare una svolta importantissima e un segnale politico chiaro su un clima che sta cambiando. Anche la Presidente Roberta Metsola, seppur in ritardo, ha riconosciuto la necessità di riformare le regole sull’immunità parlamentare, chiedendo più trasparenza nelle richieste di revoca dell’immunità parlamentare.

Un deciso cambio di paradigma: le autorità dovranno fornire maggiori informazioni, in particolare sulle accuse a carico degli europarlamentari, prima che la richiesta di deroga all’immunità possa essere presa in carico. «Difenderemo i deputati e la dignità dell’istituzione - ha dichiarato Metsola -. Non accetterò che i deputati vengano presi di mira e offesi senza una solida base». Il riferimento è anche al Qatargate, dal momento che a distanza di anni non c’è nemmeno un processo. Meglio tardi che mai.