È un po’ come la radiazione interstellare dopo il big bang: più ci si allontana dal botto palingenetico, più l’effetto svanisce. Così procede il furibondo attacco a Carlo Nordio, il processo mediatico imbastito nel giro di pochi giorni (prima le anticipazioni di Matteo Renzi, poi l’onda lunga dei giornali) nei confronti del guardasigilli. Accusato, solo dai media e non dal Tribunale dei ministri che lo indaga davvero, di aver mentito sul caso Almasri.

Certo, a due giorni dagli articoli di Corriere della Sera e Repubblica, resiste ancora Matteo Renzi, che persevera nel mirare a Giusi Bartolozzi, Capo di Gabinetto del ministro («o è lei che ha nascosto le informazioni a Nordio, o è lui che ha mentito). Fa ancora a pezzi la presunzione d’innocenza Elly Schlein, segretaria dem («non può rimanere un ministro che ha mentito al Parlamento e quindi ha mentito al Paese»). Poi ancora qualche invettiva dai 5 Stelle, e da Avs, ma insomma, gli anatemi si diradano.

Ed è la conseguenza della virata che aveva subito il presunto Almasri-gate già mercoledì pomeriggio, quando Giulia Bongiorno, senatrice leghista che è anche avvocata di Nordio e degli altri tre big di governo indagati (Meloni, Mantovano e Piantedosi) aveva dichiarato di valutare denunce per violazione del segreto istruttorio. Alcune, almeno, delle informazioni sparpagliate ai giornali sembravano poter provenire solo dal fascicolo del collegio che procede contro il governo. Ma oggi la caccia alla talpa ha conosciuto un’impennata clamorosa: perché proprio il Tribunale dei ministri incaricato di indagare sulla vicenda ha diffuso una nota per informare di presentato un’autonoma denuncia per la violazione del segreto.

Segue una puntualizzazione che ha un’eco un po’ sibillina: gli atti relativi all’inchiesta sono «custoditi nella cancelleria della Corte d’assise all’interno di un armadio cassaforte, salvi i passaggi procedurali previsti dalle leggi costituzionali». A cosa si riferiscono, nell’ultimo inciso, le tre magistrate che compongono, appunto il Tribunale dei ministri? Ci sono poche alternative. Nel corso dell’indagine “Nordio e altri 3”, per dirla col gergo questurile, è stato necessario chiedere una proroga. Nel caso del procedimento per presunti reati dei ministri, la proroga viene chiesta non al gip, come per qualunque altra indagine penale, ma alla Procura, depositaria della notizia di reato e, di fatto, autorità che delega il “collegio inquirente straordinario” a condurre l’inchiesta.


Naturalmente è da escludere che il riferimento contenuto nella nota del Tribunale dei ministri riguardi colleghi di Piazzale Clodio. Sembra improbabile che un pm di Roma possa aver trasferito le notizie ai giornali. Casomai quell’inciso della nota fa pensare al fatto che il passaggio relativo alla richiesta di proroga ha esposto gli atti d’indagine anche ad altri soggetti (certo non gli avvocati, i quali non toccano palla, in quella fase), e che individuare la talpa sarà forse possibile, anche se molto difficile.
Solo per completare il quadro, va precisato che l’informazione diffusa dal collegio delle tre magistrate parte da un’altra novità, pure abbastanza clamorosa: Giulia Bongiorno potrà visionare gli atti, seppur senza poter estrarne in alcun modo copia. L’autorizzazione del “Tribunale speciale” sembra preludere a un’ulteriore denuncia per violazione del segreto, che stavolta sarebbe l’avvocata del governo a presentare. Ed è chiaro come, a questo punto, sia la fuga di notizie il nuovo, vero cuore della questione. Soprattutto dopo quanto emerso sulle mail scambiate, in quella fatidica domenica 19 gennaio a via Arenula: comunicazioni che, come rivelato dal Dubbio, smontano completamente la tesi secondo cui già quel giorno Nordio sarebbe stato nelle condizioni di autorizzare l’arresto di Almasri, e avrebbe dunque mentito nell’informativa del 5 febbraio alla Camera. Quel giorno il ministro presentò esattamente il quadro confermato ora dai fatti.