Lo hanno proclamato “teste chiave”, uomo della verità. Ma Luigi Birritteri, capo del “Dag” a via Arenula nei giorni in cui Almasri veniva rimpatriato in Libia, deluderà i suoi fan. Lascerà spiazzata l’opposizione anti-Nordio, insolitamente capeggiata da Renzi.
È una mail di Birritteri a smontare drammaticamente, inesorabilmente le ricostruzioni trasferite ai giornali negli ultimi giorni. Frana la teoria secondo cui il guardasigilli avrebbe avuto già domenica 19 gennaio gli atti necessari ad autorizzare l’arresto del poliziotto libico accusato di torture. E si sbriciola così il «wishful thinking» degli avversari, come lo definisce proprio Nordio nel question time di ieri al Senato: «Sperano quello che desiderano», una fuga del ministro appunto.
E niente, sarà per un’altra volta. Perché alle 14.35 della fatidica domenica 19 gennaio, il dottor Birritteri scrive la seguente mail, destinata a un altro magistrato in servizio a via Arenula e, in copia, anche a Giusi Bartolozzi, Capo di Gabinetto del guardasigilli: riguardo al «caso dell’arresto in Torino di Njeem Osama Elmasry/Almasry, concordo su una prima valutazione (fatti salvi i dovuti approfondimenti) inerente l’irritualità della procedura che sinora non vede coinvolto il ministero della Giustizia come autorità centrale competente». A quell’ora del 19 gennaio, dunque, Nordio non può ancora autorizzare l’arresto di Almasri, e non ha omesso alcun atto d’ufficio.


Prosegue Birritteri: «Domani», cioè nell’altrettanto fatidico lunedì 20 gennaio, giorno in cui Nordio ha sempre sostenuto, anche nell’informativa a Montecitorio, di aver ricevuto l’atto completo del mandato d’arresto per Almasri, solo «domani», sillaba Birritteri, «faremo le nostre valutazioni, sulla base della documentazione che ci verrà eventualmente trasmessa».
Quindi: alle ore 14.35 di domenica, l’allora capo del “Dag” non è ancora in possesso del mandato d’arresto vero e proprio. Ha solo ricevuto un’informazione sommaria (che anche Nordio aveva già solennemente dichiarato, il 5 febbraio alla Camera, di avere, a quel momento, fra le proprie mani) dal magistrato italiano distaccato all’Aia, Alessandro Sutera Sardo.

Ma domenica 19 gennaio, l’atto che consentirebbe a Nordio di formalizzare l’autorizzazione all’arresto di Almasri ancora non è a via Arenula. Lo certifica graniticamente la mail di Birritteri. Non c’è niente, non uno straccio di verità, dietro i furibondi anatemi scagliati ancora ieri a Palazzo Madama contro il ministro della Giustizia. Ma fra tante, è rivelatrice una battuta rivolta a Nordio dalla capogruppo renziana Lella Paita: «Sono stupita di vederla in Aula, pensavo fosse scappato per non rispondere sul caso Almasri». E invece il guardasigilli risponde per l’intera giornata di ieri. In tutte le possibili occasioni.
Chiude il cerchio già la mattina, appena arrivato alla conferenza sull’Ucraina: «Riferiremo in Parlamento quando sarà il momento, però gli atti che abbiamo smentiscono totalmente quanto è stato riportato, non so come e perché, dai giornali». Forse si riferisce alla mail di Birritteri (che al Dubbio non risulta essere agli atti del Tribunale dei ministri, investito dell’indagine su Nordio per presunta omissione di atti d’ufficio, oltre che per favoreggiamento e peculato).
Il guardasigilli maramaldeggia in lungo e in largo: «Siamo in dirittura di arrivo per una riforma epocale della giustizia e le provano tutte per rallentarla o intimidirci, a costo di inventarsi delle bufale solenni. Quello che ho detto in Parlamento è la verità». Ed è vero anche che le ricostruzioni improbabili passate nelle ultime ore ai giornali sembrano tendenziose proprio perché false.
Ancora il guardasigilli, a proposito delle dimissioni invocate dagli avversari: «Lo sa cosa disse il generale McAuliffe durante l’assedio di Bastonia? Nuts!». E l’ufficiale di brigata americano, con quello slang, voleva dire ai nazisti qualcosa del tipo “andate all’inferno”.
Il ministro della Giustizia non tralascia di far notare che c’è stata qualche violazione del segreto, considerato come su diverse testate circolino informazioni evidentemente carpite dal fascicolo delle tre giudici incaricate dell’inchiesta su Meloni, Mantovano, Piantedosi e, appunto, Nordio: «Il chiacchiericcio riportato dalla stampa è completamente infondato, se sarà necessario chiariremo al momento opportuno eventuali altre novità. Novità che al momento non si presentano se non come eventuali violazioni di atti riservati di cui non si riesce a capire come qualcuno sia arrivato in possesso. Anche questo», aggiunge il guardasigilli, «sarà eventualmente oggetto di attenzione da parte delle autorità giudiziarie».
Ed è la sola questione sulla quale siamo noi a sentirci di smentire Nordio: che qualche pm possa indagare sulle fughe di notizie dalle Procure ai giornali è un’ipotesi più fantasiosa dei racconti che le “talpe” hanno sparpagliato nelle ultime ore.