Insigne penalista, decano degli avvocati calabresi, fondatore dell’Unione Camere penali italiane, deputato ed europarlamentare. E per alcuni anni stretto nella morsa di un’accusa infamante. Per Armando Veneto si è chiusa nel migliore dei modi una pagina dolorosa – personale e professionale - con l’assoluzione definitiva dall’accusa di corruzione in atti giudiziari e concorso esterno in associazione di stampo mafioso. A mettere la parola fine sulla vicenda processuale dell’avvocato Veneto è stata la Prima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale presso la Corte di appello di Catanzaro.


I processi dal 2020 a oggi 


Tutto ha inizio nel 2009. I fatti contestati risalgono a sedici anni prima, ma solo nel 2020 Veneto ha ricevuto un avviso di conclusioni delle indagini. Gli episodi si riferiscono alla presunta corruzione messa in atto, secondo l’accusa, nei confronti del giudice Giancarlo Giusti, all’epoca componente del Tribunale del riesame di Reggio Calabria. Il magistrato avrebbe intascato 120mila euro per far scarcerare tre esponenti della ndrangheta. In particolare, come giudice relatore ed estensore, Giusti nell’udienza del 27 agosto 2009 aveva disposto l’annullamento delle ordinanze cautelari emesse dal gip di Reggio Calabria a carico di Rocco e Domenico Bellocco e Rocco Gaetano Gallo. Da questi ultimi avrebbe ricevuto 40mila euro a testa, per un totale di 120mila euro.

La Dda di Catanzaro, negli anni scorsi guidata da Nicola Gratteri, contestò ad Armando Veneto un coinvolgimento nella vicenda pur senza individuare un ruolo specifico da questi svolto. A ciò si aggiunse pure l’accusa di concorso esterno per aver fornito, come riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, «un valido contributo», finalizzato «alla realizzazione degli scopi rientranti nel programma criminoso dell’associazione mafiosa». La tesi dell’accusa poggiava sulla ipotesi di un rapporto tra il penalista e il giudice Giusti, in realtà escluso dalle evidenze investigative. In primo grado, il 25 febbraio 2022, il gup di Catanzaro condannò Veneto a 6 anni di reclusione a conclusione del processo con rito abbreviato.

L’avvocata Clara Veneto, figlia del noto penalista, motivò la scelta del rito abbreviato «solo ed esclusivamente» per la «presenza nel fascicolo di evidenze schiaccianti per la esclusione di responsabilità». Due anni dopo intervenne l’assoluzione per non avere commesso il fatto pronunciata dai giudici della Corte d’appello di Catanzaro. Infine, mercoledì sera l’assoluzione definitiva, con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso della Procura generale presso la Corte di Appello di Catanzaro, da parte dei giudici della Suprema Corte.


Veneto: «Ho combattuto la mia battaglia per la verità»


Felice per la pronuncia della Cassazione, ma anche amareggiato. È questo lo stato d’animo di Armando Veneto. «Ho scelto sin da subito – dice al Dubbio - di vivere la vicenda giudiziaria che mi ha colpito e di combattere la mia battaglia per la verità, mantenendomi nella riservatezza, come ho fatto durante tutta la mia vita. Ma anche con la volontà di capire perché si sia dovuti giungere alla verità solo dopo un calvario giudiziario durato anni e cercare di capire perché non si siano utilizzati fin da subito gli elementi chiari da cui risultava come io sia stato confuso con altri e che non abbia nulla a che fare con la corruzione di un giudice. Dopo aver compreso, avverto la necessità di spiegare dove doveva essere cercata la verità che alla fine è stata accertata».

A 89 anni l’amore per la toga e la fiducia verso la giustizia restano intatti. «Farò in modo – aggiunge Veneto - che la mia vita ulteriore non si affidi al sospetto, alle opinioni o peggio alla vendetta, avendo considerazione degli errori, sia pure non accettabili, commessi in mio danno. Al fondo combatto una battaglia di civiltà: come al solito, per tutti. Ringrazio i miei difensori, il professor Vincenzo Maiello e l’avvocato Beniamino Migliucci, che con la consueta professionalità intrisa di amorevole amicizia hanno reso evidente la verità».


L’esultanza dei difensori 


Vincenzo Maiello e Beniamino Migliucci, esultano per il risultato conseguito e al tempo stesso riflettono sul quanto affrontato in questi anni dal penalista calabrese.

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VINCENZO MAIELLO, PROFESSORE AVVOCATO ORDINARIO DI DIRITTO PENALE UNIVERSITA DI NAPOLI FEDERICO II (IMAGOECONOMICA)
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BENIAMINO MIGLIUCCI AVVOCATO (IMAGOECONOMICA)

«La soddisfazione per la definitiva assoluzione di Armando Veneto dalle gravissime imputazioni che gli erano state contestate – commentano Maiello e Migliucci – non ha la forza di cancellare amarezze e sofferenze che, con i suoi familiari e colleghi, egli ha patito nei lunghi anni di celebrazione del processo. Si dirà che questo è il costo fisiologico e, perciò, ineliminabile di ogni accertamento giudiziario. L’obiezione vale se, e solo se, una verifica processuale della tesi d’accusa si renda necessaria, in funzione sia della qualità descrittiva delle imputazioni sia della loro attendibile rappresentazione probatoria. Ma è proprio questo che è mancato nella vicenda processuale di Armando Veneto, il quale è stato tratto a giudizio all’esito di un’indagine che, dopo aver ricostruito con compiutezza tempi, modalità e protagonisti della corruzione, aveva sancito la sua estraneità ad ogni fatto che fosse, anche solo eticamente, disdicevole. Era emerso, anzi, come l’avvocato Veneto avesse tenuto, nei confronti del proprio assistito, comportamenti inconciliabili, se non addirittura antagonistici, con l’ipotesi del suo illecito coinvolgimento. Anche per questo l’accusa non è mai stata in grado di precisare i termini della partecipazione criminosa di Armando Veneto».

Il professor Maiello e l’avvocato Migliucci non nascondono «l’orgoglio di aver contribuito al riconoscimento delle ragioni della piena innocenza di Armando, da parte della Corte d’Appello e della Corte di Cassazione, ai quali va l’onore per aver fatto fare festa al garantismo penale celebrato dallo Stato costituzionale». «Ci auguriamo – concludono - che questo possa restituirgli la serenità per fargli godere le gioie di un’esistenza vissuta nel culto della funzione civile della toga».


Le Camere penali: Veneto un gigante dell’avvocatura 


La Giunta dell’Unione delle Camere penali sottolinea che con l’assoluzione di Armando Veneto «si infrange definitivamente sul muro della verità processuale e sulla toga specchiata di un gigante dell’avvocatura penalista italiana, l’ingiusto e infondato teorema accusatorio costruito dalla Procura di Catanzaro».