La salute mentale in carcere e il rapporto tra psicologo e detenuto «sono temi interessanti», però «andrebbero trattati in un convegno e non in un processo penale». È quanto ha detto in aula Mirko Mazzali, difensore di una delle tre psicologhe del carcere di San Vittore imputate nel processo in abbreviato per falso e favoreggiamento in concorso con l’avvocata di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani, e lo psichiatra nonché consulente della difesa Marco Garbarini.

Secondo il pm Francesco De Tommasi, i professionisti avrebbero “manipolato” la donna - a processo per l’omicidio della figlia di 18 mesi, lasciata morire di stenti - per farla risultare incapace di intendere e di volere. Il pm ha chiesto pene tra i 4 e i 3 anni per i cinque imputati che hanno scelto il rito abbreviato e per una sesta il rinvio a giudizio.

Secondo l'ipotesi accusatoria, il “test di Wais” che accertò che Pifferi aveva il quoziente intellettivo di una bambina, sarebbe stato “falsificato” al fine di farle ottenere una perizia psichiatrica nel processo di primo grado per l'omicidio della figlia Diana. Successivamente vi sarebbe stato da parte delle professioniste un tentativo di indirizzare l'esito stesso dell'accertamento psichiatrico verso un “vizio parziale di mente”, poi non riconosciuto dai giudici in Assise che l'hanno ritenuta invece pienamente capace di intendere e volere e condannata all'ergastolo.

Per Mazzali, che ha chiesto al gup Roberto Crepaldi l'assoluzione della sua assistita, «si è messo in discussione la sua professionalità» solo per aver sottoposto Pifferi tale test. «Questo non è reato», ha spiegato Mazzali, rientrando il fatto nel perimetro di «una valutazione scientifica che non spetta ai giudici, ma a chi ha gli strumenti per farlo».

In aula anche l’avvocato Angelo Leone, che difende un’altra psicologa, l’unica tra i sei imputati ad aver scelto il rito ordinario. Per Leone, che ha chiesto il proscioglimento della sua assistita, si è trattato di una «attività lecita, non contraddetta nemmeno dai periti della Corte d'Assise d'Appello», che domani dovrebbe emettere sentenza, dopo l’ergastolo comminato in primo grado. «Se poi c'è stata una sottovalutazione del quoziente intellettivo - ha aggiunto - questo è stato un giudizio formulato sulla base di un test, poi condiviso con l'équipe di esperti del carcere».

Pifferi, ha spiegato Leoni, «già dal 1991, quando era alle elementari, era supportata da uno psicologo. Ed anche nell’aprile di quattro anni fa, quando si era recata in ospedale, era stata sottoposta a controlli psicologici». Dopo l'arresto, «tutti si sono accorti che era in difficoltà e ciò è stato condiviso con lo staff multidipliscinare all'interno di San Vittore, compreso il direttore».

Venerdì prossimo sarà il giorno dei difensori di Pontenani, Gianluigi Comunello e Corrado Limentani e della difesa Garbarini. La sentenza è prevista per il primo dicembre.

Dura la requisitoria di De Tommasi: «Senza bisogno di andare alla ricerca di deficit inesistenti», aveva detto, Pifferi è una «persona cattiva, insensibile, anaffettiva, cinica, bugiarda e menefreghista», che ha lasciato «consapevolmente morire la piccola Diana in un modo così orribile».

Secondo il pm, Pifferi ha poi saputo «obbedire» alla «vera “regista” dell’operazione», la sua avvocata Pontenani. Per l’accusa, l’operazione prevedeva di «farla passare per scema» per arrivare a un vizio di mente nel processo.