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ANDREA OSTELLARI SENATORE
Senatore Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, che idea si è fatto di questa campagna referendaria sulla separazione delle carriere? Tutti gli attori in gioco stanno fornendo un giusto servizio ai cittadini elettori?
La campagna referendaria servirà prima di tutto a spiegare la riforma nella sua interezza. Precisiamo che la separazione delle carriere è un tassello importante, ma non è l’unico: ci sono i due Csm distinti, il nuovo sistema di elezione a sorteggio, l’Alta Corte disciplinare. La sfida è chiarire ai cittadini la bontà della riforma e quali problemi intende risolvere, evitando semplificazioni o contrapposizioni ideologiche che non aiutano nessuno.
Secondo lei è stata opportuna la creazione di un comitato per il No da parte dell’Anm?
L’Anm ha agito nella propria autonomia, e scegliendo di costituire un comitato per il No ha inevitabilmente assunto un ruolo politico. Se si entra nel dibattito pubblico, non si deve rifiutare il confronto, come è avvenuto con Nordio. Auspico, quindi, di assistere presto a un dibattito tra il presidente dell’Anm e il ministro della Giustizia.
Come giudica il fatto che, in alcune dichiarazioni, soprattutto Meloni e Mantovano abbiano giustificato la riforma con la necessità di “ricondurre” la magistratura troppo invadente verso le scelte politiche?
Mettiamo al centro un principio: il giudice deve essere terzo, indipendente e percepito come tale dai cittadini. La degenerazione correntizia, che negli anni ha prodotto distorsioni e influenze improprie, ha indebolito questa percezione. La riforma vuole ristabilire un equilibrio tra poteri, chiarendone i confini.
Qual è l’argomento che più contesta da parte dei No?
L’idea che il pm verrebbe subordinato all’Esecutivo. È un’affermazione che non trova alcun riscontro né nel testo della riforma né nella volontà politica che la sostiene. L’autonomia del pm resta piena. Il punto è diverso: vogliamo eliminare i condizionamenti derivanti dalle correnti.
A suo parere quale sarà la strategia vincente da qui a marzo? È inevitabile che il destino del governo sia legato a quello del referendum?
Il governo non è appeso all’esito del referendum. L’unica strategia efficace è informare i cittadini, con chiarezza, spiegando che cosa cambia e perché. Si discute questa riforma da oltre trent’anni: ora c’è l’occasione per raggiungere un grande obiettivo.
Secondo i dati dell’Istat e quelli del ministero dell’Interno, l’Italia è un Paese sempre più sicuro. Eppure, si continuano a varare e proporre pacchetti sicurezza. Perché?
Perché la sicurezza non è un dato acquisito: va mantenuta e rafforzata. Gli italiani ci hanno chiesto questo e noi stiamo rispondendo. Il primo decreto legge ha prodotto risultati tangibili nel contrasto all’illegalità. Ora proseguiamo, potenziando le tutele per i cittadini e le forze dell’ordine, che ogni giorno garantiscono la nostra sicurezza.
Un recente report di Radicali italiani e Nessuno Tocchi Caino ha stimato che oltre il 60% dei ragazzi che esce da un istituto per i minorenni torna a delinquere. Quindi non riabilitano. In più, anche lì siamo a un allarmante sovraffollamento. All’interno degli “Ipm” è considerevolmente aumentato pure l’utilizzo degli psicofarmaci a base di benzodiazepine. Cosa non funziona?
In realtà, da quando abbiamo iniziato a lavorare sul comparto della giustizia minorile, la situazione sta migliorando in modo significativo. Basti ricordare l’evasione del 2022 al Beccaria di Milano e i lavori di ristrutturazione che erano fermi da anni.
Ci siamo messi all’opera, cominciando a ristrutturare gli edifici. Allo stesso tempo abbiamo progettato e recentemente inaugurato nuove strutture come gli Ipm di L’Aquila e Lecce. A breve inaugureremo anche il nuovo Ipm di Rovigo. Gli istituti non prevedono solo celle detentive ma anche spazi rieducativi adeguati e progetti, come quello con la Camera penale di Roma e la Cybersecurity Foundation, concepiti per creare nuove competenze professionali. Abbiamo inoltre siglato accordi con le Regioni per avviare comunità socioterapeutiche ad alta intensità sanitaria, fondamentali per i giovani con dipendenze.
Tra gennaio e settembre 2025 i femminicidi sono stati 53. Mentre i suicidi in carcere nello stesso range erano circa 60. Eppure, per il primo fenomeno si varano subito nuove leggi mentre per i secondi non si fa nulla, e i reclusi muoiono addirittura nelle mani dello Stato. Che ne pensa?
Sul femminicidio il Parlamento ha appena approvato all’unanimità una legge significativa. I suicidi in carcere sono altrettanto drammatici, ma hanno dinamiche diverse. Il ministero, attraverso il Dap, è concentrato a dare una risposta. Recentemente, è stata istituita una commissione speciale formata da medici qualificati, chiamata a monitorare il fenomeno e proporre soluzioni migliorative. Inoltre, abbiamo riempito le piante organiche dei funzionari pedagogici, investito 5 milioni di euro su esperti psicologi, figure indispensabili per accompagnare i percorsi trattamentali e intercettare le situazioni di rischio.
Il presidente del Senato Ignazio La Russa, due giorni fa, intervenendo alla presentazione del libro di Fabio Falbo e Gianni Alemanno, ha auspicato che entro Natale si possa avere un provvedimento contro il sovraffollamento. Lei che ne pensa? Glielo chiedo più da avvocato penalista che da senatore della Lega.
Porto il dovuto rispetto per il Presidente del Senato. Tuttavia, governo e maggioranza hanno già tracciato una linea chiara che possiamo evidenziare in quattro direttrici principali: un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, con l’obiettivo di realizzare 10mila nuovi posti entro il 2027; il rafforzamento dei percorsi rieducativi basati sul lavoro, che riduce la recidiva fino al 98 per cento; l’utilizzo di strutture residenziali esterne per i detenuti senza domicilio, con formazione e avviamento lavorativo; e un disegno di legge specifico per i tossicodipendenti, orientato alla cura.
Il modello Albania rappresenta al momento un fallimento sotto tutti i punti di vista. Ne valeva la pena?
È una scelta politica chiara, che continuiamo a sostenere. Riteniamo che l’Europa, anche attraverso il Patto Ue su migrazione e asilo, riconoscerà la bontà del nostro approccio.
Il sorpasso della Lega rispetto a Forza Italia a cosa è dovuto secondo lei?
La forza della maggioranza è di lavorare in squadra e ascoltare i territori, con ogni partito che parla a segmenti diversi dell’elettorato. La Lega ha saputo presentare candidati credibili e coerenti, e ha interpretato con decisione una domanda crescente di sicurezza, che arriva da famiglie e cittadini.


