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L’impressione è che si sia trattato di un voto «politico». Una resa dei conti tra gruppi parlamentari, influenzata dalla vicenda Mogherini, con la sinistra diventata bersaglio facile (di nuovo) della politica, mentre si attendeva la vendetta dopo il voto su Ilaria Salis.
La chiave di lettura che parte dell’Eurocamera dà del voto della Commissione Juri sulla richiesta di revoca dell’immunità delle eurodeputate dem (autosospese) Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti è questa. Entrambe nel mirino della procura belga per l’affaire Qatargate - che a distanza di tre anni non ha prodotto risultati -, ma con un destino diverso: la prima “salvata” dalla Commissione, la seconda, invece, considerata perseguibile dalla giustizia belga. Il tutto mentre, in parallelo, prosegue il riesame dei metodi adottati dalla giustizia belga, rispetto ai quali è prevista un’udienza lunedì prossimo.
La revoca dell’immunità per Moretti è stata approvata con 16 voti a favore, 7 contrari e un’astensione. Per Gualmini, invece, 16 voti contrari, un astenuto e 7 voti a favore. Il voto segna un nuovo strappo tra Socialisti e Popolari. La vigilia del voto si era caricata di tensione, anche in vista delle richieste di revoca dell’immunità che riguardano gli eurodeputati di Forza Italia Fulvio Martusciello e Salvatore De Meo, coinvolti nel caso Huawei, previste nelle prossime settimane. I due gruppi hanno provato fino alla tarda sera di martedì a trovare un accordo, ma senza successo. E a “tradire” Moretti sarebbero stati i membri del Ppe, trascinati dallo spagnolo Adrian Vázquez Lázara, colui che aveva chiesto la revoca dell’immunità di Salis e che era alla guida della Commissione che revocò l’immunità all’allora vicepresidente Eva Kaili.
Per Gualmini e Moretti, che ora devono superare il voto della plenaria, il relatore Marcin Sypnwieski dell’Esn (Europa delle nazioni sovrane) aveva chiesto di accogliere la richiesta della procura. Ma questa volta, la pratica non è stata approvata de plano come nel caso di Kaili, che non aveva avuto la possibilità di difendersi. La Commissione aveva infatti contestato alla procura la precarietà degli elementi, chiedendo maggiori informazioni, poi arrivate a giugno scorso con una lettera della procuratrice Ann Fransen. Un fatto totalmente nuovo, che aveva indicato un cambio di passo nella prassi parlamentare, anche alla luce dei molti dubbi sorti in tre anni sull’inchiesta.
La lettera, stando a quanto ha potuto apprendere il Dubbio, non ha offerto elementi nuovi. Anzi, ha reiterato accuse già smentite documentalmente dalla difesa di Moretti, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Roberto Borgogno. Per Fransen, non ci sarebbe fumus persecutionis nei confronti dell’eurodeputata, sospettata non solo di corruzione passiva, ma anche di aver partecipato consapevolmente all’attività di un’organizzazione criminale, per «il semplice fatto che tale richiesta sia formulata da un giudice indipendente, incaricato di indagare sia a carico che a favore, dopo aver esaminato gli elementi del fascicolo procedurale e analizzato la gravità degli indizi», si legge nella lettera.
Bisogna crederci sulla parola. La procuratrice - che si blinda dietro il segreto - porta come prove delle sue accuse l’attività parlamentare della stessa eurodeputata. Si parte dai dialoghi tra Pier Antonio Panzeri, il presunto vertice di questa organizzazione, con un cittadino marocchino sospettato di essere uno dei corruttori - corruttori che la procura belga ha scelto di non perseguire -, allo scopo di organizzare per Moretti un viaggio in Marocco. Viaggio che, però, come dimostrato dalla difesa, non c’è mai stato. Così come non c’è stato quello in Qatar per la coppa del mondo.
Ci sono poi i rapporti con i membri del suo stesso gruppo parlamentare, gli interventi in relazione al Qatar, gli orientamenti di voto, insomma: l’attività politica di Moretti. «Risposte insoddisfacenti», elementi «senza né capo né coda», un elenco di fatti «senza alcuna plausibilità», si erano lasciati sfuggire alcuni componenti della Commissione giuridica commentando la lettera con il Dubbio. «L’onorevole Moretti - ci spiega l’avvocato Borgogno - aveva già dimostrato l’insussistenza delle contestazioni. Eravamo stati in grado di dimostrare che quanto le era stato contestato, da un lato, non era corrispondente al vero per alcuni aspetti e per altro faceva parte proprio dell’attività tipica del parlamentare. Alcune delle contestazioni riguardano infatti proprio le azioni politiche che l’onorevole Moretti ha fatto a tutela degli interessi delle donne e degli immigrati in Qatar». Sono questi, infatti, gli interventi di Moretti su Doha, con i quali «ha sollevato alcuni problemi di tutela dei diritti fondamentali in occasione dei mondiali - aggiunge Borgogno -. Nessuna delle sue azioni la rende in alcun modo sospettabile di collusioni illecite con nessuno, tanto meno con gli esponenti del Qatar».
Moretti, dal canto suo, ha espresso la sua amarezza con una nota. «Gli elementi su cui era basata la richiesta della procura erano stati da me già smentiti su base documentale dinanzi alla Commissione Juri - ha dichiarato -. Temo pertanto che il voto non abbia guardato tanto agli effettivi contenuti della richiesta, ma sia stato condizionato da strategie e convenienze politico-elettorali, come è stato del resto già sottolineato da alcuni colleghi. Non sono preoccupata dell’impatto che questo voto avrà su di me, ma piuttosto della ricaduta che avrà sulla dignità e sull’indipendenza del Parlamento come istituzione che rappresenta milioni di cittadini. L’immunità, infatti, non rappresenta un privilegio personale, ma corrisponde alla necessità di proteggere il parlamentare nel libero esercizio della sue essenziali e funzioni. Sono serena e attendo con fiducia il voto della Plenaria e, come già dichiarato, sono a disposizione della magistratura per rispondere a tutte le domande utili alle indagini».
Il voto politico è stato confermato dalla delegazione di Fratelli d’Italia. «A prescindere dal merito, su cui pure riteniamo ci siano molti aspetti da chiarire - recita una nota - la sinistra ha completamente svuotato di senso e piegato ad una logica di parte l’istituto dell’immunità parlamentare. Per questa ragione, d’ora in avanti, le posizioni di FdI sulle richieste di revoca risponderanno esclusivamente a valutazioni politiche». Cauta soddisfazione dal professor avvocato Vittorio Manes, difensore di Gualmini, in attesa della plenaria. «È una decisione che soddisfa - dichiara al Dubbio -, perché è stata riconosciuta l’assoluta infondatezza delle contestazioni».


