Dopo diciotto anni di processi e indagini, l’ora della morte di Chiara Poggi resta uno degli elementi più incerti del caso Garlasco. Secondo il materiale ora al vaglio della Procura di Pavia, esistono ancora otto diverse ipotesi, tutte comprese tra le 7 e le 12.30 del mattino del 13 agosto 2007. Proprio per tentare di dare una risposta definitiva, la magistratura ha incaricato l’anatomopatologa Cristina Cattaneo di effettuare nuove verifiche sui dati biologici raccolti nel corso dell’autopsia.

Il tema non è secondario, perché l’orario del delitto rappresenta la base logica dell’intero impianto probatorio che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni. Il paradosso sottolineato dagli atti è che la finestra temporale accolta dai giudici, tra le 9.12 – quando Chiara disattiva l’allarme – e le 9.35, momento in cui Stasi riaccende il suo pc prima di riprendere a lavorare alle 10.12, fu indicata inizialmente proprio dalla difesa dell’ex fidanzato. Una ricostruzione che ha guidato processi e sentenze, fino alla Cassazione bis.

Le conclusioni del primo medico legale

Una tesi diversa era stata formulata dal dottor Ballardini, consulente della Procura di Vigevano, che nel novembre 2007 collocò il decesso in un intervallo più avanzato della mattinata, tra le 10.30 e le 12, con una maggiore “centratura” intorno alle 11-11.30. Scrisse che quell’indicazione aveva un grado di precisione soddisfacente, in base alla valutazione congiunta di tre elementi: la migrabilità delle macchie ipostatiche osservate al momento dello spostamento del corpo, la totale assenza di rigidità cadaverica rilevata dai soccorritori – che la letteratura indica come fenomeno insorgente non prima di tre ore dal decesso e pienamente diffuso tra le sei e le dodici ore – e la temperatura rettale, da correlare al peso corporeo di Chiara, stimato all’epoca tra i 45 e i 50 chili per mancanza di strumenti di misurazione.

Le perizie della difesa di Stasi

La difesa dell’imputato contestò quelle conclusioni. Il dottor Avato e il professor Fabbri attribuirono maggior affidabilità ai rilevamenti termometrici e spostarono indietro l’orario del delitto di due o tre ore, collocandolo tra le 9 e le 10.

Ulteriori elementi furono acquisiti con la perizia ordinata dal giudice Vitelli nel 2009, durante l’assoluzione in primo grado di Stasi. Fu eseguita direttamente nella villetta di via Pascoli e accertò una sostanziale stabilità della temperatura nelle scale verso lo scantinato, dove venne trovato il corpo. Nemmeno la prolungata apertura della porta a soffietto avrebbe inciso sul raffreddamento dell’ambiente. Da qui derivano otto combinazioni temporali oggi ancora considerate dagli inquirenti, che spaziano dall’alba fino al primo pomeriggio: un quadro di possibilità che conferma quanto la collocazione del momento del delitto resti controversa.