«Giusto dire No»: è intorno a questo slogan che l’Anm si compatta ufficialmente in vista dell’appuntamento referendario della prossima primavera. Domani al Senato inizia la discussione sulla riforma Nordio e giovedì il voto finale. Ma intanto i magistrati affilano le armi e escono uniti dall’assemblea di sabato, convinti di poter vincere la partita, puntando nella comunicazione all’attacco e a non a pararsi dalle accuse.

«Basta difenderci soltanto - ha detto il presidente Cesare Parodi - raccontiamo a tutti quello che la magistratura italiana ha fatto per la società in questi anni, non soltanto ovviamente come sarebbe difficile negare per il terrorismo e per la mafia ma a tutela della salute delle famiglie, dei bambini, della dignità delle persone, dei lavoratori dell'ambiente».

Il segretario Rocco Maruotti è stato invece applaudito quando richiamando la disiscrizione dall'Anm di Nino di Matteo ha detto che «la miglior risposta è arrivata con tanti giovani magistrati che si sono iscritti per essere presenti in questa assemblea». Dibattendo poi sulle critiche continue che la magistratura sta ricevendo in questi mesi - «ci hanno detto che siamo dei killer e stiamo aspettando le scuse invano» - Maruotti ha concluso: «Il passo dalla delegittimazione all'azione violenta rischia di essere breve, come accaduto a Ranucci». Insomma le toghe lanciano un pericoloso allarme.

Replicando indirettamente all’avvocatura il vice segretario Stefano Celli poi ha precisato come proprio lo statuto dei lavoratori «all’articolo 27 prevede che le realtà sindacali possano riunirsi nelle sedi dove lavorano». Ma i veri protagonisti sono state prime donne come Nicola Gratteri, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo, intervenuti in assemblea a dare consigli sulla comunicazione.

Secondo il primo «basta fare convegni con avvocati e professori. Non perdete tempo a parlare con 150 persone. Andate dappertutto, nelle università, nella società civile. Io mi sveglio al mattino e ho sei giornali contro. Voi nessuno» a sostenere la causa. «E allora andate tra la gente a spiegare con i 400 vocaboli che conoscono» la contrarietà alla riforma. Per il secondo invece sarebbe proficuo «raccontare storie in cui i cittadini si possono immedesimare» allontanando il tema della possibile sottoposizione del pm all’Esecutivo in quanto «è un argomento a cui si può facilmente controbattere».

Su quest’ultimo punto si è trovato in disaccordo De Cataldo invece. Ma la standing ovation si è avuta per Sigfrido Ranucci, che si è presentato a sorpresa perché non invitato ufficialmente dai vertici bensì, sembrerebbe, da Celli. Il clima è comunque positivo tra le toghe e non si lasciano spaventare dai sondaggi che darebbero i Sì vittoriosi con ampio margine, perché le loro rivelazione interne sono diverse. E la volontà di tutti è quella dell’unità tra tutte le correnti. Persino un moderato di Mi come Gerardo Giuliano è arrivato a dire «ciascuna corrente abbassi la sua bandiera e alzi quella dell'Anm». Mentre la presidente di Md, Silvia Albano, ha invitato «ad andare per strada fare i banchetti e raccogliere le firme per chiedere il referendum: questo è fondamentale perché ci permetterebbe di stare tra la gente. Se non facciamo questo non lo vinciamo il referendum».

Alcune crepe sono poi però emerse nella riunione del “parlamentino” dell’Anm di domenica e dopo la lettura dei giornali. Innanzitutto durante il Cdc Antonio D’Amato di Magistratura indipendente ha detto che «rispetto all’intervento a sorpresa dell’ottimo Sigfrido Ranucci che è venuto a portare la sua testimonianza - per carità va benissimo – dobbiamo porci un problema di metodo: che cosa succederà se si presentano ospiti indesiderati a nostre manifestazioni aperte?». Se D’Amato voleva evitare che il suo intervento «fosse strumentalizzato», in realtà molti dei suoi colleghi in Cdc ci riferiscono che non l’hanno gradito perché hanno avuto l’impressione di una «excusatio non petita» nei confronti del giornalista di Rai3, la cui presenza non gli sarebbe stata gradita.

Poi diversi magistrati si sono svegliati leggendo le parole di Parodi su Berlusconi. Persecuzione? «Se è avvenuto è qualcosa che io assolutamente condanno» ha risposto Parodi ad un giornalista di Omnibus. «Ma che sta facendo?», «Sta dicendo per caso che Berlusconi è stato perseguitato?», mugugna qualche suo collega che non esclude che nel prossimo Cdc quando si discuterà del punto all’odg riguardante «riflessione su esternazioni rappresentative dell’Anm e modalità espositive» non sarà trattato solo l’affaire Maruotti per il suo scivolone verso i consiglieri del Csm ma anche questa uscita del presidente Parodi.

Sempre durante il Cdc un altro punto è stato discusso spegnendo i microfoni di Radio Radicale. «Si tratta di una scelta politica rilevante», qualcuno penserebbe tattica: ha giustificato così Maruotti la decisione di stare a porte chiuse per parlare di se e dove organizzare il prossimo congresso. Forse alla fine si terrà solo una assemblea, più snella da metter su prima dell’appuntamento referendario. Ma questo non è piaciuto al gruppo dei CentoUno. Natalia Ceccarelli ha abbandonato per protesta la seduta «perché ormai attaccano e staccano i microfoni a loro piacimento. Per me è una violazione del regolamento».

Ma già in assemblea c’era stato un diverbio. Andrea Reale e Ceccarelli avevano chiesto di mettere a verbale un documento in cui si dicevano contrari alla separazione ma favorevoli al sorteggio «ma la presidente di seduta ha ritenuto inammissibile questa allegazione, perché non era una mozione e l'ha estromessa – ha detto Reale - Inoltre, non è stata consentita, da parte nostra, una dichiarazione di voto contrario contro il documento unitario di tutte le correnti, nel quale non hanno neanche provato a coinvolgerci».