Una richiesta netta, senza spiragli: ergastolo. È la pena che la pubblica accusa ha chiesto per Moussa Sangare, il 31enne accusato di aver ucciso a coltellate Sharon Verzeni, 33 anni, nella notte tra il 29 e il 30 luglio a Terno d’Isola, nel Bergamasco. Una requisitoria durata oltre tre ore, pronunciata in Corte d’Assise dal pubblico ministero Emanuele Marchisio, che ha ripercorso in modo puntuale e implacabile l’intera vicenda.

Secondo la Procura di Bergamo, Sangare deve rispondere di omicidio volontario pluriaggravato, con le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della minorata difesa. Nessuna attenuante generica, nessuna riduzione di pena. L’imputato, sottoposto a perizia psichiatrica, è stato riconosciuto capace di intendere e di volere.

Nel corso della requisitoria, il pm ha ricordato le parole pronunciate dallo stesso Sangare agli inquirenti subito dopo il fermo, in una confessione poi ritrattata anche in aula. Un racconto che, per l’accusa, chiarisce il movente: un impulso, una pulsione, una ricerca deliberata di violenza. «Ho preso uno zaino, ho messo dentro un coltello con quell’idea lì, quell’energia» e ancora «quest’onda emotiva mi ha portato da questa ragazza qua», ha citato Marchisio riportando le dichiarazioni dell’imputato.

Una morte definita dal pm «senza fiato», una donna uccisa «come un cane» da un uomo che voleva «provare una emozione speciale». Parole durissime, scandite mentre in aula si registravano anche difficoltà nel gestire il comportamento di Sangare, più volte richiamato al contegno.

La Procura ha ricostruito una vera e propria dinamica di caccia, parlando di una scelta non casuale ma orientata verso una vittima vulnerabile. «Sangare avrebbe solo dovuto alzare lo sguardo e darsi una regolata e invece ha pensato bene di uscire una notte d’estate e provare una emozione speciale, ammazzando come un cane Sharon Verzeni», ha incalzato il pm, ricordando anche i precedenti per violenze nei confronti della madre e della sorella e l’abitudine di lanciare coltelli contro bersagli con sembianze umane.

Secondo Marchisio, emerge una personalità segnata da forte aggressività e da una «evidente vigliaccheria», perché «le sue vittime sono sempre donne più indifese». Elementi che, per l’accusa, escludono qualsiasi attenuante e rendono l’ergastolo l’unica risposta possibile dello Stato.

«La requisitoria del pm ha ricostruito che la sera del 29 luglio 2024 Moussa Sangare si è messo a ‘caccia’, ossia alla disumana ricerca di una ‘preda’ vulnerabile», ha commentato l’avvocato Luigi Scudieri, legale dei familiari di Sharon Verzeni e di Sergio Ruocco, parti civili nel processo. «Ha detto bene il pm: la pena dell’ergastolo è l’unica pena giusta».

All’uscita dal tribunale, poche parole ma cariche di dolore e sollievo da parte del padre della vittima, Bruno Verzeni: «Penso che sia la cosa giusta visto quello che ha raccontato anche il pm». E ancora: «Meno male, meno male che è uscito fuori tutto quello che doveva uscire», con un riferimento anche alla posizione dell’ex fidanzato della figlia, presente in aula e ormai definitivamente estraneo ai fatti. Ora la parola passa alla difesa e alla Corte.