Il 12 maggio 1974 gli italiani furono chiamati a dire sì o no al divorzio nel referendum abrogativo. A favore del no al divorzio c’era la Democrazia Cristiana, che, pur essendo partito di maggioranza relativa e di governo da quasi trent’anni, non riuscì ad intercettare il “sentiment” - diremmo oggi - della maggioranza degli italiani. Tra qualche mese, terminato l’iter parlamentare, gli italiani saranno chiamati a dire sì o no nel referendum confermativo alla separazione delle carriere tra magistrati inquirenti e magistrati giudicanti.

A Catania, nello scorso fine settimana, al congresso dell’Ucpi, si è verificato un fatto importante, che Il Dubbio ha colto intelligentemente. Gli interventi di Goffredo Bettini ed Enrico Morando, storici esponenti della sinistra politica, da un lato, e quelli di Andrea Mirenda e Valerio De Gioia, autorevolissimi esponenti della magistratura, hanno indicato una strada: quella di una battaglia politica da giocare non sull’asse destra- sinistra, ma sul terreno della contrapposizione tra conservazione e progresso.

Allora continuare a dire che la separazione delle carriere è figlia ( solo) dei penalisti italiani associati è sacrosanto, ma non ci aiuterà ad incontrare il favore di un’opinione pubblica più vasta, che vive nella stragrande maggioranza fuori dalle aule dei tribunali. Il paese ha attraversato una lunga (e oscura) stagione segnata dal populismo giudiziario. Qua e là nell’opinione pubblica diversi segnali ci dicono che quella stagione mostra le prime crepe.

La richiesta di riserbo, cautela e sobrietà, che in queste settimane accompagna le notizie sulle indagini di Pavia (caso Garlasco) e di Milano ( urbanistica), proviene da una società per troppi anni stressata dal protagonismo incontrastato del pubblico ministero. È arrivato il momento di dire che un pubblico ministero separato dal giudice determina un’espansione dei diritti civili dell’imputato e, potenzialmente, di tutti i cittadini. La battaglia referendaria deve così diventare una battaglia di civiltà per modernizzare il paese e renderlo più vicino alle grandi democrazie liberali dell’Occidente.

La sfida per noi penalisti italiani e - forse - la più concreta chance di vittoria del referendum è quella di tornare allo spirito delle grandi battaglie civili degli anni ‘70, che - come per il divorzio hanno dato voce ad una maggioranza di italiani, pronti ad allargare le proprie libertà. Ce n’est qu’un debut!