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ANTONINO NINO DI MATTEO SOSTITUTO PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA E ANTITERRORISMO
Tempi duri per l’Anm. Ed è forse inevitabile, nel pieno della difficile battaglia contro la separazione delle carriere. Ma agli scivoloni contestabili direttamente al sindacato delle toghe, come il comizio allestito sabato scorso a Napoli per presentare il Comitato del No alla riforma ( e sostenuto persino dal provveditore agli Studi della Campania, come riferito ieri dal Dubbio...), si aggiungono defezioni clamorose. È di ieri la notizia che il sostituto della Procura nazionale Antimafia Nino Di Matteo ha deciso di lasciare l’associazione. È stato lui stesso a darne notizia, con un tono amareggiato che lascia intravedere frizioni con i colleghi: «Nelle scorse settimane ho presentato le dimissioni dall’Anm. Ho, progressivamente nel tempo, maturato questa decisione con molta amarezza», ha detto Di Matteo.
«Non mi sento parte di un’associazione all’interno della quale continuano a trovare spazio logiche di appartenenza correntizia e di opportunità politica che non ho mai condiviso e che, in passato, anche da membro del Consiglio superiore della magistratura, ho cercato in tutti i modi di contrastare».
Un attacco durissimo, se si considera che proprio il superamento della “correntocrazia” è l’obiettivo principale indicato dal governo a sostegno della riforma Nordio. «Continuerò a titolo personale», ha aggiunto comunque Di Matteo, «come ho sempre fatto (anche quando l’Anm preferiva restare silente) a esprimere le mie opinioni e a denunciare pubblicamente il grave pericolo che le riforme degli ultimi anni (a partire dalla riforma Cartabia e fino all’ultimo progetto di revisione costituzionale sulla separazione delle carriere) rappresentano, per la salvaguardia dell’indipendenza della magistratura, del principio di eguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge, dell’efficacia dell’azione di contrasto alla criminalità e ad ogni forma di abuso nell’esercizio di pubblici poteri».
Della serie: no alla riforma costituzionale dei magistrati, ma no anche all’Anm che la riforma intende “depoliticizzare”. Un segnale che le toghe non possono accogliere come un auspicio, in vista del referendum sulle carriere separate. D’altra parte, come detto all’inizio, di passi falsi in vista della consultazione confermativa, il sindacato dei magistrati continua a commetterne. A proposito della circolare con cui il provveditore della Campania ha “esortato” i prèsidi a portare gli studenti dei licei all’evento organizzato sabato scorso dall’Anm Napoli, alcuni avvocati partenopei hanno fatto notare al Dubbio come nel 2014 l’aula Arengario che ha ospitato l’iniziativa delle toghe fosse stata negata agli avvocati per un evento giudicato dalla magistratura troppo “politico”.
In effetti, nel giugno di 11 anni fa, l’Istituto italiano per gli studi delle politiche ambientali presieduto dall’avvocato Maurizio Montalto e il Coa partenopeo avevano chiesto la disponibilità della sala convegni ospitata nel Palazzo di giustizia per consegnare a padre Alex Zanotelli il premio “Nelson Mandela”. Nel corso della cerimonia, avevano annunciato gli avvocati, sarebbe stata consegnata anche una targa a Tony Sevillo “per il valore civile del suo impegno artistico”. Ma l’Ufficio speciale del Tribunale di Napoli, presidiato ovviamente da giudici, revocò l’autorizzazione a poche ore dall’evento. Motivo? “La premiazione è incompatibile con le finalità istituzionali del luogo”, giacché appunto, il riconoscimento a Zanotelli, in particolare, sarebbe stato “viziato” da un inopportuno carattere politico.
Poi la cerimonia si tenne nella troppo piccola sala del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, dove neppure i magistrati hanno il potere di infliggere veti. La decisione dell’Ufficio speciale suscitò il dissenso persino del presidente del Tribunale Carlo Alemi, fra i giudici più apprezzati dall’avvocatura napoletana nell’ultimo mezzo secolo.
Il precedente è tanto più sconcertante se si pensa che l’Anm sezione Napoli, sabato scorso, ha presentato appunto, nella stessa aula Arengario, il Comitato per il No al referendum sulla separazione delle carriere. Comitato che, secondo la legge, è un “soggetto politico”. Ma i “vizi”, in questo caso, per le imperscrutabili toghe partenopee, non c’erano. È l’indipendenza della magistratura, bellezza.