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Former French President Nicolas Sarkozy reacts before entering a police car Tuesday, Oct. 21, 2025 in Paris as he heads to prison to serve time for a criminal conspiracy to finance his 2007 election campaign with funds from Libya. (AP Photo/Thibault Camus) Associated Press / LaPresse Only italy and spain
L’ultimo Capo di Stato francese a finire dietro le sbarre fu Luigi XVI nel giugno 1791; accusato di alto tradimento dalla Convenzione nazionale verrà decapitato l’anno successivo. Fortunatamente Nicolas Sarkozy non corre questo pericolo, ma la sua incarcerazione rappresenta un passaggio epocale e, a suo modo, gravissimo per la decadente Quinta Repubblica.
Non si tratta di lesa maestà o di privilegi regali da accordare a un vip, ma della sostanza stessa dell’inchiesta che ha portato alla sentenza di condanna, dell’arbitrarietà con cui i giudici hanno disposto la detenzione prima del giudizio di appello, della presunzione di innocenza fatta a brandelli, di un processo contro le intenzioni, del morboso circo mediatico che ha esposto l’ex presidente alla gogna globale. Tutti elementi che in Italia conosciamo bene e che anche i cugini francesi stanno iniziando a sperimentare sulla propria pelle, o meglio su quella dello Stato di diritto.
Negli studi televisivi dove rimbalzavano le immagini del mesto corteo di automobili che scortava Sarkozy verso il carcere parigino della Santé, i giornalisti più schierati non riuscivano a trattenere i sorrisetti, gli sguardi compiaciuti, le piccole irrisioni del potente caduto in disgrazia: «Chissà se anche in carcere indosserà i suoi amati maglioni blu marino?», si è chiesta la conduttrice della diretta su Bfmtv, risatine trattenute degli invitati.
Sullo sfondo delle immagini in 3D che mostrano la cella di Sarkozy, un inviato di giudiziaria spiega come si vive in isolamento, rivela persino il codice che dovrà comporre per chiamare i familiari dal telefono a muro: “Si digita stella, cancelletto 23 e una voce ti avverte che la tua conversazione verrà ascoltata da un agente”. Per puro caso non c’è il plastico di Vespa ma il clima è quello.
Eppure anche nella cornice di questo spettacolo giustizialista tutti sono coscienti di quanto sia grave la decisione dei giudici e, oltre le Alpi, il dibattito sulla dimensione “politica” che permea le inchieste giudiziarie non è più un tabù da tempo. Il primo a scoperchiare il calderone era stato l’ex ministro della giustizia Eric Dupond Moretti nel 2020, accusando le procure di impiegare «metodi da spioni». Anche in quel caso Sarkozy era finito in mezzo alla bufera per il celebre affaire des écoutes: interecettazioni tra avvocato e cliente, blitz e sequestri negli studi legali, persone indagate e sorvegliate per anni a loro insaputa. Nel mirino del ministro che ordinò diverse ispezioni il celebre Parquet National Financier (PNF), una procura specializzata nata nel 2014 per reprimere i cosiddetti reati di corruzione e protagonista di inchieste tanto mediatiche quanto spregiudicate.
Il fatto che Sarko non possa aspettare il processo d’appello (si terrà tra circa sei mesi) nel proprio domicilio ha sollevato più di un’obiezione sulla pertinenza dell’ “esecuzione provvisoria della pena”, un dispositivo del codice di procedura penale che lascia al magistrato le decisione di applicare o meno la sospensione. I giudici e le organizzazioni di categoria hanno obiettato che si tratta di una prassi consueta che concerne quasi l’80% dei condannati in primo grado e non di un accanimento personale, ma la stragrande maggioranza riguarda crimini violenti o legati al grande narcotraffico.
Quali sarebbero le condizioni che giustificano la detenzione di Nicolas Sarkozy? Il pericolo di fuga è del tutto inesistente, parliamo di uno dei personaggi più noti Francia e non di un anonimo ladruncolo senza fissa dimora. La reiterazione del reato è ugualmente inimmaginabile visto che il caso dei presunti finanziamenti libici alla sua campagna elettorale risale quasi a vent’anni fa. Questo vale anche per il terzo e ultimo requisito, l’inquinamento delle prove. Ecco, se c’è qualcosa che manca crudelmente nell’inchiesta del PNF sono le prove al punto che Sarko è stato assolto dall’accusa di corruzione e di riciclaggio e giudicato colpevole di “associazione a delinquere” finalizzata a commettere un reato che non è mai stato dimostrato.
Come ricordano gli eroici avvocati che in queste ore lottano nei talk show per fare un po’ di pedagogia del diritto nel mare magno del populismo penale, in Francia ci sono 22mila detenuti in attesa di giudizio, una cifra mostruosa, mentre sono circa 700 le persone che ogni anno chiedono un risarcimento per ingiusta detenzione. A completare il quadro desolante si aggiunge uno dei tassi di sovraffollamento carcerario tra più elevati di Europa.
L’umiliazione pubblica di Nicolas Sarkozy e solo la punta dell’iceberg, alla base un sistema che non riesce più a garantire la presunzione di innocenza e il diritto di difesa animato da procuratori mattatori. Se lil caso Sarko servirà ad aprire un dibattito nazionale sull’equità della giustizia, la sua prigionia non sarà avvenuta invano.