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Il gup di Catania, Giuseppina Starace, ha rinviato a giudizio l'ex componente laica di Fdi del Csm, Rosanna Natoli. All’avvocata siciliana viene contestata la violazione del segreto, per aver rivelato – durante un incontro privato con la giudice Maria Fascetto Sivillo (poi deceduta) – informazioni coperte da riservatezza in merito alle deliberazioni della Sezione disciplinare del Csm che la riguardavano.
Secondo l'accusa, avrebbe riferito che, durante l’udienza disciplinare del 25 luglio 2023, Fascetto Sivillo avrebbe reso dichiarazioni ritenute offensive nei confronti di altri magistrati, a causa delle quali la Sezione avrebbe deciso di applicare la sanzione più grave – la perdita di un anno di anzianità – invece della censura, proposta dalla stessa Natoli. Nella sua memoria Natoli raccontava di averla incontrata dopo aver ricevuto più volte pressioni da amici comuni, che la descrivevano come «gravemente malata» e convinta vittima di complotti. Dopo aver tentato di evitarla più volte, avrebbe accettato l’incontro solo per «motivi umanitari», a patto che avvenisse alla presenza di altri.
Alla data dell’incontro non c’era alcun procedimento disciplinare pendente. L’unico intento, aveva spiegato l’ex laica, dimessasi qualche mese fa dopo essere stata sospesa dal plenum, era quello di «parlarle “con il cuore in mano” per convincerla che i suoi guai non erano dovuti a complotti correntizi, bensì essenzialmente frutto dei suoi censurabili comportamenti». In quell’occasione, aveva spiegato, non avrebbe rivelato contenuti reali della camera di consiglio. Le frasi incriminate sarebbero state pronunciate
«solo per tentare di calmare la dottoressa Fascetto, per rabbonirla e per creare una apparente vicinanza e complicità», ma «mai ho raccontato ciò che realmente è accaduto». Si trattava, pertanto, a suo dire, di una mossa strategica: la camera di consiglio si era svolta immediatamente dopo le «gravi e deliranti propalazioni della dottoressa Fascetto Sivillo» contro alcuni magistrati del suo ufficio, il che rende impossibile che fosse già stata presa una decisione prima dell’udienza. Per questo motivo, ciò che lei stessa ha riferito in privato a Fascetto, compresa la presunta «iniziale determinazione di applicare la censura», non potrebbe, secondo la sua difesa, corrispondere alla realtà. Lo stesso varrebbe per le frasi che le vengono contestate nel capo d’imputazione, in cui si parla del suo presunto ruolo nell’ «avere convinto i componenti della predetta sezione ad irrogare (…) la sanzione disciplinare della censura in luogo di altre più gravi»: affermazioni che, aveva ribadito, «non possono corrispondere, per le stesse ragioni, a quanto realmente accaduto». Se davvero i membri della Sezione avessero preso una decisione prima di quel momento – come suggerirebbero le sue parole, se prese alla lettera – allora tutti avrebbero violato «i loro doveri e tale norma». Ma, aveva concluso, «ciò ovviamente non è avvenuto». La prima udienza è prevista il 15 settembre 2026.


