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È morta a Catania l’ex giudice Maria Fascetto Sivillo, finita lo scorso anno al centro dello scandalo che portò alla sospensione della consigliera laica del Csm Rosanna Natoli, di area FdI. Fascetto Sivillo, magistrato presso il tribunale di Catania dove esercitava le funzioni di giudice delle esecuzioni immobiliari, era da tempo malata.
«Un magistrato onesto e giusto ucciso dalla magistratura che si merita questo Paese incapace di tutto - ha commentato il suo legale, Carlo Taormina -. Uccisa dalla magistratura italiana che l’ha illecitamente perseguitata per 10 anni. Gravi le responsabilità morali e giuridiche dell’attuale Consiglio superiore della magistratura che non ha fatto altro che traccheggiare in attesa che il magistrato morisse lasciandolo sprofondare nel dolore e nella disumana disperazione». Parole dure, come quelle già pronunciate da Taormina in passato, quando aveva denunciato l’intera sezione disciplinare. E anche oggi il legale minaccia denunce, parlando addirittura di «omicidio».
La vicenda di Fascetta Sivillo era balzata agli onori delle cronache lo scorso anno, quando Taormina consegnò alla sezione disciplinare che giudicava la magistrata la registrazione di un incontro privato tra la sua assistita e la laica Natoli nel suo studio siciliano, dove, a suo dire, le avrebbe dato dei “consigli” su come difendersi davanti ai giudici di Palazzo Bachelet. Natoli si dimise subito dalla sezione disciplinare, denunciando, in seguito, pressioni per non presentarsi in plenum il giorno successivo, quando si discuteva la nomina del procuratore di Catania. La sua assenza contribuì a sancire la nomina di Francesco Curcio, che ha vinto sul suo avversario Giuseppe Puleio per un voto. E il voto mancante era, appunto, quello di Natoli, secondo cui lo scopo di quelle «pressioni» era proprio evitare che potesse esprimersi sulla nomina.
La registrazione, consegnata dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli alla procura di Roma, aveva portato all’iscrizione di Natoli per abuso d’ufficio e rivelazione di segreto, indagine poi spostata a Catania per competenza territoriale. Nonostante l’invito dei colleghi, la laica aveva deciso di non dimettersi, lasciando l’onere al plenum, che l’ 11 settembre scorso, con 22 voti favorevoli, 6 contrari e 2 astenuti, la sospese da Palazzo Bachelet. «Sono vittima di un processo sommario», aveva detto Natoli, denunciando un utilizzo strumentale della registrazione e una procedura «frettolosa» e viziata. Secondo la laica, la sua sospensione apriva infatti a «un pericoloso precedente: basterà un avviso di garanzia, anche per reati inesistenti, per sospendere un consigliere eletto dal Parlamento».
Ciò nonostante il nuovo 335 del codice di procedura penale, introdotto con la riforma Cartabia, escluderebbe il pregiudizio amministrativo della sospensione (irrogata per regolamento interno del Csm) solo per il fatto della mera iscrizione. Un concetto sostenuto anche dal togato indipendente Andrea Mirenda, che pur deprecando il comportamento della laica votò contro la sua sospensione: «La legge non consente questa sospensione, l’iscrizione sul registro degli indagati, da oggi, diventa un’arma contro consiglieri sgraditi».
Il fascicolo contro Natoli, però, langue a Catania: l’avvocata di Paternò ha depositato a febbraio delle memorie a seguito dell’avviso di conclusione delle indagini (per il solo reato di rivelazione, data l’abolizione dell’abuso d’ufficio) e da allora non ha più ricevuto notizie. La triste vicenda di Fascetto Sivillo ha rianimato ora la discussione sulla sospensione di Natoli, sulla quale è intervenuto, nuovamente, l’indipendente Mirenda.
«Le dichiarazioni dell’avvocato Taormina si commentano da sole - ha dichiarato al Dubbio -. Sorprende, invece, la lunghissima sospensione “cautelare” della consigliera Natoli, oltretutto in base ad una mera iscrizione nel registro degli indagati che, come è noto, non dovrebbe cagionare, “da sola”, pregiudizi amministrativi o civili. È trascorso quasi un anno da allora e crediamo, quindi, che non solo la consigliera Natoli ma persino l’intero organo di autogoverno abbiano il sacrosanto diritto di veder definita sollecitamente tale posizione, in un senso o nell’altro. La natura provvisoria della sospensione inflittale non può trasformarsi in confisca ad libitum della delicatissima funzione assolta da un componente di un organo di rilievo costituzionale. Ci auguriamo, quindi, che la procura di Catania assicuri massima sollecitudine nella trattazione del caso. La qualità di una giustizia giusta anche per questo passa».