Suole ripetersi che il sorteggio sarebbe lesivo della rappresentatività del Csm. C’è chi, ieri - il capo della Dna Giovanni Melillo e il Sole 24 Ore -, ha parlato addirittura di “mortificazione” dell’autorevolezza dei nuovi organi consiliari.

Occorre intendersi. Se si vuol dire che il metodo stocastico esclude la “rappresentanza politica” del Csm, possiamo stare sereni: lo ha già detto, almeno un paio di volte, la nostra Corte costituzionale sicché la riforma in cantiere altro non farà che ribadirlo... e giustamente. Perchè un Csm politicizzato, come quello che purtroppo conosciamo, qui e lì scodinzolante alla maggioranza parlamentare di turno, corre sovente il rischio di divenire la prima minaccia all’indipendenza del singolo magistrato (specie se “cane sciolto”), esponendolo – a sua volta - agli umori (variabilissimi) della maggioranza consiliare del momento. Con buona pace della sua soggezione “soltanto alla Legge”.

Si mettano il cuore in pace, allora, le indaffaratissime parrocchiette che, congruamente supportate dai propri “designati” consiliari, tutti col “survivor- kit” delle “visioni culturali”, in omaggio ad un sedicente pluralismo culturale ne hanno combinate di ogni tipo... e colore…

Sin qui, dunque, nulla di nuovo. Nessuna mortificazione ma, anzi, legittima e coerente iniziativa del Legislatore per porre rimedio alle indecorose pratiche del nominificio correntizio, bollate senza appello di “modestia etica” dal Capo dello Stato Mattarella che, tra l’altro, del nostro consesso è pure Presidente. Un rimedio, del resto, tanto più doveroso di fronte alla spirale in avvitamento della magistratura associata, dolosamente incapace della benchè minima proposta autoriformista (peraltro giova ricordare che nel 2022 Magistratura indipendente - oggi egemone, ieri no - si espresse a favore del sorteggio secco come vero e unico rimedio contro il correntismo consiliare, salva l’odierna retromarcia, agevolmente comprensibile…).

Ma torniamo alla perdita di autorevolezza, questa volta, però, sotto il diverso angolo visuale - a metà via tra quello fenotipico e quello sociologico - del togato “sorteggiato”. Si dice (è stato ripetuto anche recentemente in plenum, con doverosa replica di chi scrive, primo, e speriamo non ultimo, sorteggiato della storia consiliare) che il “sorteggiato” non sarebbe autorevole perché dotato di “scarsa presa interna ed esterna” in quanto “rappresentativo solo di se stesso” (così, da ultimi, Melzi e Vigevani su Il Sole di ieri). Commenti simili ce li attenderemmo dai venusiani, sbarcati per cattiva sorte sulla Terra solo ieri l’altro. Prima di tutto emerge il dato, schiettamente politico, di una “studiata” smemoratezza. Si dimentica, difatti, il totale screditamento dell’attuale Csm degli “eletti-designati”; un discredito di cui ha, invece, grazie al Cielo, buona memoria la società civile e che, peraltro, è fortemente avvertito anche in seno allo stesso ordine giudiziario, dove il Csm - novello Tiberio diviso in gruppetti e sottogruppetti programmaticamente protesi a piazzare compari e comparielli in danno di rivali e non genuflessi - è, ahinoi, Istituzione… più temuta che amata.

Si dimentica, ancora, che gli eletti sotto la bandiera della corrente, proprio perché legati a debito di gratitudine con il potere che lì li ha voluti, mostrano di regola il forte assoggettamento a quel vincolo: bastino a dimostrarlo plasticamente, anche sul piano estetico, non solo la distribuzione “geografica” dei consiglieri (ogni gruppo ha il suo piano, con i membri del gruppo tutti vicini, gli assistenti tradizionalmente tramandati di consiliatura in consiliatura, le imbarazzanti riunioni con i segretari di corrente all’interno del palazzo Bachelet, etc. etc.) ma anche, e soprattutto, le mani alzate all’unisono sulle proposte contrapposte, senza mai il pur minimo cenno di dubbio del singolo consigliere affiliato. E tanto basterebbe per porsi interrogativi pesanti sulla riconducibilità di simili prassi con la libertà morale e l’indipendenza predicate nel codice etico dei consiglieri europei.

Si dimentica, infine, che il sorteggiato togato, per buona sorte, non dovrà più rappresentare i circoli magici descritti.

Tutto ciò sarà una perdita? Una mortificazione? Uno svilimento dell’autorevolezza del Consiglio e dei suoi consiglieri stocastici? Dico umilmente no, partendo anche dalla mia personale esperienza. No perché il magistrato sorteggiato (espressione di un potere giudiziario diffuso compendiato nell’uguaglianza di tutti i magistrati, distinti solo per funzioni, e nel principio del giudice naturale precostituito a cui accede il divieto di scegliersi il giudice “migliore”), sarà capace di rappresentare – direi finalmente! - il vero volto del Consiglio, i suoi valori costitutivi (prima di tutte, la tutela dell’autonomia e indipendenza del “singolo magistrato”), la cultura della legalità e del tecnicismo giuridico mediante cui si palesa l’arte di vestire la discrezionalità tecnica - a cui egli pure sarà chiamato, ben conoscendola quotidianamente nella giurisdizione - con argomenti trasparenti e ricostruibili, anziché con opacissime “opzioni culturali” dietro le quali, da decenni, sono abilmente celate operazioni spartitorie di bassa cucina, bene descritte nella notoria doppietta editoriale di Palamara.

Se questa sarà mortificazione, se tutto ciò comporterà perdita di autorevolezza dell’Istituzione consiliare, lo dirà il Parlamento sovrano e, a seguire, il corpo elettorale.

Io lo auspico, per il bene del Paese…