La sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con una recente sentenza ( n. 27080/ 2025), ha annullato senza rinvio una misura cautelare disposta nei confronti di un uomo accusato di favoreggiamento, evidenziando l’irrinunciabilità dell’interrogatorio preventivo introdotto dalla riforma del 2024.

L’assenza di tale passaggio, senza adeguata motivazione, ha determinato una nullità genetica dell’intera ordinanza cautelare.

La vicenda riguarda un uomo, destinatario di un provvedimento di arresti domiciliari emesso dal gip di Civitavecchia il 19 gennaio 2025 e confermato dal Tribunale del Riesame di Roma il 13 febbraio successivo.

Secondo l'accusa, l’uomo avrebbe reso dichiarazioni reticenti alla polizia giudiziaria, omettendo di riferire la propria conoscenza di soggetti coinvolti in una estorsione collegata alla cessione di stupefacenti. In particolare, l’attenzione si era concentrata sulla cessione di una vettura, ritenuta frutto dell’estorsione, a una società, di cui l’indagato era l’unico socio.

Nel ricorso in Cassazione, la difesa ha sollevato una pluralità di questioni, tra cui la carenza dei gravi indizi di colpevolezza, l’omessa valutazione della causa di non punibilità per chi si autoaccusa per evitare un grave danno personale ( art. 384 c. p.) e l’inadeguatezza della motivazione circa il pericolo di recidiva, l’inquinamento probatorio e la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena.

Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto assorbente la violazione procedurale relativa al mancato svolgimento dell’interrogatorio preventivo, disciplinato dall’articolo 291, comma 1- quater, codice procedura penale, introdotto dalla legge n. 114 del 2024. Secondo gli ermellini, nel caso specifico il pericolo di inquinamento probatorio, indicato come giustificazione per omettere l’interrogatorio preventivo, era fondato su presupposti generici e assertivi, privi di specificità circa le fonti di prova che l’indagato avrebbe potuto alterare o influenzare. In assenza di elementi concreti, l’ordinanza cautelare risultava quindi affetta da un vizio strutturale insanabile.

La Cassazione ha sottolineato che l’interrogatorio preventivo costituisce un momento essenziale a garanzia del diritto di difesa, da effettuarsi salvo i casi tassativi in cui sussistano esigenze cautelari concrete ed attuali.

Il mancato svolgimento determina una nullità a regime intermedio, deducibile con il riesame, che non può essere sanata neanche dal successivo interrogatorio di garanzia.

La sesta sezione penale ha quindi chiarito che l’obbligo dell’interrogatorio non può essere eluso sulla base della presenza, nel medesimo procedimento, di co-indagati destinatari di misure per reati più gravi o legati da connessione: la valutazione dell’esigenza cautelare deve restare individualizzata e rispettosa delle prerogative difensive del singolo indagato. Il fatto che vi fossero altre posizioni coinvolte nel medesimo procedimento penale non legittima automaticamente il sacrificio del diritto all’interlocuzione preventiva per tutti gli indagati. La sentenza ha infine ribadito che il giudice del Riesame è titolare di un pieno potere di controllo sui presupposti della misura cautelare, compresi i vizi genetici del provvedimento, come l’omesso interrogatorio. Ciò rafforza la funzione garantista del Riesame, quale momento centrale per la verifica giudiziale della legittimità della privazione della libertà personale.

La pronuncia segna dunque un importante chiarimento applicativo della riforma del 2024 e della disciplina sull’interrogatorio preventivo: un passaggio divenuto, a tutti gli effetti, un elemento costitutivo della misura cautelare e una garanzia difensiva irrinunciabile. Il messaggio è chiaro: anche la cosiddetta “urgenza investigativa” deve cedere di fronte al rispetto delle garanzie fondamentali.