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Potrà fare ritorno in Italia Carlo D’Attanasio, lo skipper arrestato nel 2020 in Papua Nuova Guinea e condannato a diciannove anni di carcere con l’accusa di riciclaggio quale profitto di narcotraffico internazionale. La liberazione, dopo la condanna in primo grado, è stata disposta dalla Corte d’appello di Port Moresby che ha definitivamente assolto il nostro connazionale.
D’Attanasio è stato arrestato in occasione di una tappa del giro del mondo in barca a vela che stava compiendo in solitaria. L’accusa di narcotraffico internazionale è scattata in seguito allo schianto di un aereo con a bordo più di 600 chili di cocaina, che, secondo l’autorità giudiziaria della Papua Nuova Guinea, erano invece in possesso del velista originario di Pescara.
A dare la notizia della scarcerazione di D’Attanasio è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, informato dal sottosegretario Giorgio Silli in missione nella regione e dall’ambasciatore Paolo Crudele. In una nota della Farnesina si sottolinea che il ministro degli Esteri «ha seguito con attenzione il caso del nostro connazionale, condannato in primo grado a una pena detentiva di diciannove anni per riciclaggio di denaro e attualmente ricoverato in ospedale nella capitale Port Moresby per una grave patologia».
La notizia della scarcerazione è stata confermata dall’avvocato Mario Antinucci, difensore di D’Attanasio con il collega David Dotaona. «Carlo D’Attanasio – ha riferito Antinucci – è stato assolto, è a piede libero dopo oltre quattro anni di detenzione ed è pronto a rientrare in Italia per curare le gravissime condizioni di salute in cui è stato costretto». Il penalista del Foro di Roma si sofferma sulla vittoria giudiziaria che ha riguardato il proprio assistito in un processo in cui non sono mancate, a suo dire, tante anomali: «È una pagina storica della giustizia penale internazionale per la difesa dei diritti umani, in quanto il collegio presieduto dal giudice Cannings, notoriamente garantista, ha ripristinato la legalità di un caso giudiziario nel quale sono state violate le fondamentali regole del giusto processo di un cittadino italiano processato, condannato in assenza di prove e ristretto in carcere per oltre quattro anni in un Paese privo di accordi bilaterali con l’Italia, sebbene in gravissime condizioni di salute».
Secondo Antinucci, la verità è venuta a galla anche grazie a D’Attanasio, il quale, nonostante quattro anni trascorsi in un carcere di Port Moresby, ha sempre creduto in un esito positivo della vicenda. «Il coraggio e l’onestà di D’Attanasio – aggiunge il legale –, che non ha mai cessato di proclamarsi innocente ed estraneo ai fatti, la determinazione e il prestigio del collegio difensivo, insieme al quotidiano sostegno di Reginaldo Melis, noto imprenditore della Papua Nuova Guinea al fianco del connazionale e della sua famiglia, hanno reso possibile una storica vittoria sul terreno della difesa dei diritti umani di un uomo innocente che farà presto ritorno in Italia per essere curato nelle strutture sanitarie specializzate per la patologia oncologica di cui soffre da oltre due anni. Confidiamo che questo caso giudiziario, proprio in ragione del clamore mediatico giudiziario suscitato nell’isola dalla sovraesposizione di importanti politici, del vice primo ministro e dello stesso capo della polizia, possa aprire una nuova pagina dei rapporti bilaterali tra l’Italia e la lontana Papua Nuova Guinea nel segno della giustizia e del rispetto dei diritti umani».
L’avvocato Antinucci è un fiume in piena e alle agenzie di stampa ha dichiarato pure che l’assoluzione è stata possibile grazie all’orientamento garantista di un giudice del collegio, che ha consentito, applicando la normativa del Paese dell’Oceania, la discussione immediata della causa d’appello. Infine, una critica mossa ad alcuni esponenti politici molto influenti della Papua Nuova Guinea, i quali avrebbero adottato una «pessima strategia».
In particolare il vice primo ministro, John Rosso, e alcuni dirigenti della polizia che si sono addirittura permessi, tre settimane prima del giudizio in appello di parlare di una «imminente deportazione» di D’Attanasio. «Evidentemente – conclude Mario Antinucci – questo ha messo i giudici nelle condizioni migliori per saper distinguere ciò che è vero da ciò che è falso».