Questa mattina l’Ansa ha battuto questa notizia: «Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame da ottobre contro il 41 bis, ha fatto pervenire al Dap una dichiarazione nella quale esprime la sua volontà perché non si proceda con l’alimentazione forzata, nel caso in cui le sue condizioni peggiorassero al tal punto e fosse incosciente. Da quanto si è saputo, è la prima volta, almeno a Milano (il 55enne si trova nel centro clinico del carcere di Opera), che arriva una dichiarazione di questo tipo da parte di un detenuto nelle sue condizioni».

Solo tre giorni fa eravamo stati i primi a scrivere che Cospito, con due lettere indirizzate al suo avvocato Flavio Rossi Albertini, aveva «espressamente dichiarato di voler rifiutare l’alimentazione forzata». Il legale ci aveva spiegato che aveva provveduto a inoltrare i due scritti al Dap, al Provveditorato regionale quando era ancora recluso in Sardegna e al Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, e che «secondo me anche in caso di incoscienza non può essere alimentato forzatamente. Io conservo questo suo documento in cassaforte qui a studio». Letto il lancio dell’Ansa, abbiamo chiesto all’avvocato se quella fosse una ulteriore missiva di Cospito, ma ci ha risposto di no e che «tutto è fermo all’articolo che avete scritto voi». Anche perché non esiste una sede del Dap a Milano.

Sempre tre giorni fa, per saperne di più, per capire se effettivamente il Dap sia a conoscenza delle ultime volontà di Cospito, abbiamo inviato una stessa pec a due indirizzi del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (prot.dap@giustiziacert.it, che legge l’Ufficio del Capo di dipartimento Giovanni Russo, e prot.dgdt.dap@giustiziacert.it, riferito alla Direzione generale dei detenuti e del trattamento, diretto da Gianfranco De Gesu). Le nostre due richieste erano semplici: il Dap ha protocollato le lettere di Cospito trasmesse dal legale di quest’ultimo? E le ha inoltrate al centro clinico di Opera dove adesso è assistito il detenuto? Nonostante le pec siano state regolarmente consegnate dal sistema di posta elettronica, non abbiamo ricevuto risposta. Abbiamo anche chiamato per sollecitare, informato il Ministero tramite l’Ufficio stampa, ma il Dap tace. Conferma o smentisce quanto scritto dall’Ansa? E perché non risponde alle nostre semplici richieste?

Ricevere una risposta a quelle domande significa avere la certezza che le volontà di Cospito vengano rispettate qualora non fosse più in grado di esprimersi. Anche perché ieri Guido Salvini, magistrato da oltre 40 anni a Milano, all’Adnkronos ha ricordato che nel 1981, da giovane uditore, si trovò di fronte a un militante di Prima linea pronto a lasciarsi morire in carcere con uno sciopero della fame a oltranza, e che nei confronti di quel detenuto, il provvedimento del giudice istruttore Pietro Forno impose l’alimentazione forzata. «Fu una scelta che provocò un vasto dibattito tra chi la condivideva e chi no, tra chi vedeva una eventuale scarcerazione come un cedimento e chi invece considerava l’alimentazione forzata una violenza nei confronti del detenuto. Potrebbe anche oggi porsi nel caso Cospito lo stesso dilemma. Aggiungo che una sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo del dicembre 2022 ha stabilito che, dovendo lo Stato salvaguardare la vita dei detenuti, l’alimentazione forzata non è un trattamento vietato o degradante purché avvenga in condizioni di pericolo imminente e con il minimo di violenza sulla persona», ha concluso Salvini.

Eppure due giorni fa vi avevamo raccontato che secondo il costituzionalista Carlo Casonato e il presidente degli Ordini dei Medici Filippo Anelli il no anticipato alla nutrizione artificiale prevale anche se il detenuto Cospito perde conoscenza. E il momento potrebbe essere vicino, secondo le parole allarmanti del suo avvocato: che ha inoltrato una richiesta al ministro della Giustizia Nordio affinché la sua risposta su Cospito «avvenga in tempi rapidissimi, qualunque essa sia. Le condizioni di Alfredo, il suo fisico provato, i quasi 110 giorni di digiuno, i 45 kilogrammi di dimagrimento non consentono più ritardi o attendismi di sorta», ha aggiunto Rossi Albertini. E il Dap è consapevole e pronto ad affrontare quella situazione?