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Alberto Stasi
La Prima Sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello di Milano, confermando la semilibertà concessa ad Alberto Stasi. La decisione della Suprema Corte chiude, almeno per ora, il contenzioso sull’ordinanza dell’11 aprile 2025 con cui il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva ammesso l’ex studente pavese alla misura alternativa.
Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, è detenuto dal 2015. La Procura aveva impugnato l’ordinanza, segnalando tra le presunte violazioni la mancata autorizzazione specifica per un’intervista rilasciata al programma televisivo Le Iene il 30 marzo scorso, durante un permesso premio.
Secondo l’accusa, la partecipazione al programma televisivo avrebbe integrato una violazione delle prescrizioni imposte ai detenuti, rendendo incompatibile la semilibertà. Di diverso avviso i difensori di Stasi, gli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, che hanno depositato una memoria difensiva nella quale si evidenzia il pieno rispetto delle condizioni previste, la correttezza della condotta tenuta e il percorso di reinserimento già avviato.
L’udienza si è svolta in forma cartolare, senza la presenza delle parti. I giudici della Cassazione hanno ritenuto infondate le censure sollevate dalla Procura e hanno confermato la legittimità della misura alternativa, ritenendo che non vi siano state violazioni tali da giustificare un annullamento.
La decisione consente quindi a Stasi di proseguire nel regime di semilibertà, che prevede la possibilità di uscire dal carcere per lavorare o svolgere attività esterne, rientrando la sera. Dal punto di vista giuridico, la pronuncia riafferma che la partecipazione a programmi televisivi da parte di detenuti non può essere considerata automaticamente una violazione, in assenza di divieti espressi o condizioni specifiche imposte dal tribunale.
La Procura generale, nel ricorso, aveva chiesto un’interpretazione restrittiva delle regole che disciplinano le misure alternative, ma la Suprema Corte ha confermato che, nel caso di Stasi, non si è verificata alcuna irregolarità formale o sostanziale.