Trattativa difficile per approvare al rientro dalle ferie il ddl “salva-detenuti”. Nel giorno del 56esimo suicidio in carcere e durante una estate ancora meteorologicamente rovente, soprattutto dietro le sbarre, abbiamo cercato di capire se ci siano concrete possibilità che il Parlamento alla sua riapertura metta l’acceleratore su un provvedimento che dia respiro agli istituti di pena. Ma probabilmente la strada è in salita e non si esclude che questo scenario potrà configurare l’ennesimo scontro tra politica e magistratura.

Com’è noto, prima del termine dei lavori a Palazzo Madama, il presidente del Senato Ignazio La Russa aveva affidato alla vice presidente, la dem Anna Rossomando, il compito di stilare il testo di un disegno di legge per deflazionare la popolazione carceraria. L’elaborato è pronto ed è sulla scrivania della seconda carica dello Stato. Si tratterebbe di una liberazione anticipata da concedere ai detenuti con pena residua inferiore a 18 mesi e per reati non gravi. Per superare le possibili obiezioni, come già anticipato a fine luglio, l’idea è quella di non proporre al Parlamento una copia del ddl Giachetti, che prevede di aumentare a 75 i giorni di premialità per la liberazione anticipata, ma una versione rivista della norma adottata durante l’emergenza Covid, quando con il decreto “Cura Italia” si stabilì che i detenuti con pene non superiori a un anno e mezzo avevano la possibilità di scontare la pena ai domiciliari oppure in altre strutture di cura, assistenza o accoglienza.

Difficile al momento prevedere come si evolverà la questione in quanto, fatta eccezione per Fi, gli altri due partiti di maggioranza non sono compattamente a favore del ddl. Sergio Rastrelli, senatore di Fratelli d’Italia e segretario della commissione Giustizia, ci dice: «Come sempre valuteremo ogni provvedimento con la massima serietà, consapevoli che occorre uno sforzo comune - soprattutto in questa fase di particolare delicatezza - per conciliare certezza della pena e umanizzazione del trattamento, e coniugare quindi la necessaria sicurezza delle strutture carcerarie con la piena dignità dei detenuti». «Siamo disponibili quindi – conclude – a ogni riflessione, purché la soluzione da adottare sia rispettosa dei pilastri della certezza della pena e della sicurezza sociale, e non svilisca in alcun modo l’autorità dello Stato».

Anche il vice presidente della commissione Giustizia, Sandro Sisler di Fd’I, ci racconta che del testo ha discusso con La Russa ma che solo a settembre se ne parlerà con tutto il gruppo per fare «opportune valutazioni: dovremmo capire quando si vedranno gli effetti dei pacchetti di riforma messi in campo dal Ggoverno» (piano di edilizia penitenziaria, ndr) e «se non si corra il rischio che la proposta Rossomando si riveli solo una risposta tampone, mentre il carcere necessita di provvedimenti strutturali».

Inoltre, proprio qualche giorno fa vi avevamo raccontato di un botta e risposta tra il forzista Tommaso Calderone, che sollecitava a mettere mano quanto prima a riforme sulla custodia cautelare e sulla liberazione anticipata, e il potente sottosegretario alla giustizia Delmastro Delle Vedove che ribadiva il suo secco “no” a qualsiasi strumento deflattivo orizzontale, quale dovrebbe essere proprio il meccanismo pensato da La Russa e Rossomando. Ma quindi i numeri ci sarebbero? Al momento il pallottoliere è indefinibile: la premier Giorgia Meloni, prima ancora che La Russa, dovrebbe convincere i contrari all’interno del suo partito a dire “sì”; e in più si registrano diversi mal di pancia all’interno della Lega. Mentre gli azzurri sarebbero appunto favorevoli insieme ai partiti di opposizione Pd, Iv, Azione, Avs contrariamente al M5S. In più, i tempi di una eventuale approvazione non sarebbero brevissimi: si pensa, se tutto dovesse filare liscio – ipotesi lontana adesso – a prima di Natale.

Se tale scenario fosse confermato, ossia se il governo continuasse a non fare nulla nell’immediato contro sovraffollamento e suicidi, si potrebbe aprire uno nuovo scontro con la magistratura, dopo quello che si è avuto a seguito della decisione della Cgue sulla questione migranti. Proprio ieri in una intervista ad Avvenire, il segretario generale dell’Anm, Rocco Maruotti, ha attaccato la visione carcerocentrica dell’Esecutivo e del ministro Nordio, in particolare. Nello stesso giorno La Stampa ha dato notizia di una decisione del tribunale di sorveglianza di Torino che ha concesso i domiciliari a un detenuto affetto da patologie che si sarebbero aggravate a causa del sovraffollamento. Nelle motivazioni si precisa infatti che «non sussiste incompatibilità in senso stretto con il regime carcerario», ma che «il quadro di sovraffollamento impone una riflessione sulla necessità di mantenere in carcere soggetti con serie patologie, ancorché monitorate e non in fase di immediato peggioramento».

Si deve anche ricordare che a luglio il “parlamentino” dell’Anm all’unanimità aveva detto “sì” alla pdl Giachetti e qualche giorno dopo Claudio Galoppi, segretario di Magistratura Indipendente, la corrente da sempre più timida verso misure deflattive per il carcere, in una intervista al Tempo aveva sollecitato addirittura l’amnistia.

Dunque tra qualche mese potremmo trovarci nuovamente tra due fuochi: da una parte la maggioranza che tiene dentro tutti i detenuti in nome di certezza della pena e sicurezza e dall’altra la magistratura unita nel condurre una battaglia politica per un carcere subito più umano e tesa a sottoscrivere provvedimenti, come quello di Torino, che salvano i reclusi dall’inferno carcere.