Nicola Gratteri sarà o meno una risorsa per la campagna comunicativa dell’Anm contro la riforma della separazione delle carriere? La risposta è sì, anche a parere dei suoi colleghi magistrati, fatte alcune eccezioni che vedremo.

Ma prima di tutto arriva il suo pensiero a corroborare questa nostra tesi: quest’anno non solo ha disertato per la prima volta nella sua carriera l’inaugurazione dell’anno giudiziario ma ha altresì aderito formalmente, pur rimanendo nel suo ufficio a lavorare, allo sciopero dell’Anm del 27 febbraio scorso.

Secondo il procuratore di Napoli, da un lato la magistratura avrebbe subìto troppi attacchi dal Governo e dalla maggioranza di turno, dall’altro lato la riforma costituzionale targata Carlo Nordio sarebbe un falso problema. Dunque Gratteri si è schierato con l’Anm, e ha ringraziato il Ministro Nordio per essere riuscito a ricompattare la magistratura come non mai. È vero però che il magistrato antimafia in diverse interviste si è espresso a favore del sorteggio dei membri togati e laici di Palazzo Bachelet: «C'è l'esigenza di una riforma del Csm, cioè di un'elezione dei componenti: in questo modo si eliminano quasi totalmente certe anomalie delle correnti che, in certi momenti storici, abbiamo visto non funzionare» ha ripetuto spesso.

Tuttavia a prevalere in lui resta la contrarietà alla riforma: il suo timore è quello che potrebbe essere il passo successivo, ossia la sottoposizione della magistratura requirente all’Esecutivo. Previsione da sempre negata in realtà dai fautori della modifica all’ordinamento giudiziario. Stante queste premesse l’ex procuratore capo di Catanzaro, che sogna di passare alla storia con la stessa potenza del ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, pur se non ingaggiato ufficialmente dall’Anm rappresenta, e lo farò probabilmente ancora con più forza nei prossimi mesi, uno dei front-man più ficcanti in vista del referendum della prossima primavera.

Ne sono convinti anche alcuni suoi colleghi dell’Anm i quali, pur mantenendo l’anonimato, ci dicono: «meglio averlo che non averlo», in questo delicato momento per la magistratura in cui tutto è utile pur di rafforzare il gruppo antagonista a Meloni, Nordio, Mantovano. Un’altra toga sostiene che il vertice della procura partenopea «può rappresentare certamente una risorsa, insieme anche ad ex magistrati come Edmondo Bruti Liberati, Armando Spataro, Gianrico Carofiglio che in televisione e sulla stampa riescono a far passare il pensiero che condivide la quasi totalità della magistratura». Infatti, benché «Gratteri possa essere a favore del sorteggio – aggiunge un altro magistrato– per il resto, ossia per il 95 per cento dei temi riguardanti la giustizia, è d’accordo con noi. Quindi ben venga la sua esposizione mediatica».

Invece per Andrea Reale e Natalia Ceccarelli, del gruppo ArticoloCentouno attualmente presente nel Comitato Direttivo Centrale dell’Anm, Gratteri non sarebbe né un vantaggio né un pericolo per la campagna del ‘sindacato’ delle toghe: «Gratteri è fedele a se stesso e dice il vero a proposito di Palamara e del non essere cambiato niente dopo quello scandalo. Pecca in coerenza perché recentemente ha mostrato di non ritenere il sorteggio un passaggio imprescindibile del rinnovamento etico, concentrando la sua critica alla riforma sulla separazione delle carriere. Se è un pericolo per l’Anm? No, perché l’Anm sul tema Palamara e post Palamara si limita a non dire e a non fare niente». Insomma Nicola Gratteri, seppur battitore libero e magistrato anti-correnti, non dispiace alle correnti in questo particolare momento storico. I gruppi, tranne come abbiamo visto quello dei Centouno, sono infatti consapevoli che il pm antimafia è gradito a tanta gente in quanto negli anni, grazie a molti media compiacenti che non gli hanno però mai chiesto conto delle sue inchieste, è riuscito ad accreditarsi come un magistrato di trincea, che combatte i poteri forti e criminali, anti-sistema, che non manda a dire le cose. In assenza quasi totale di contraddittorio.

Intanto ieri è arrivato anche il commento del presidente dell’Unione Camere Penali, Francesco Petrelli, in merito all’intervista fatta dal procuratore due giorni fa a Repubblica: «Indigna che una questione grave e seria come quella dei suicidi in carcere venga affrontata dal dott. Gratteri con tanta superficialità: quella poco credibile interpretazione dei fatti secondo cui sarebbero le angherie dei boss causa del drammatico fenomeno costituirebbe infatti materia di reato su cui indagare e non su cui costruire fumose teorie criminologiche, magari ricche dell'appeal mediatico necessario a un personaggio televisivo, ma atte a nascondere le reali e tragiche cause ambientali di quella diffusa disperazione che conduce al suicidio, che sono invece sotto gli occhi di tutti» ha concluso il leader dei penalisti italiani.