Fino a questo momento la partita è stata vinta da Andrea Sempio, unico indagato nell’inchiesta “Garlasco-bis” per l’assassinio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto del 2007. Siamo al terzo giorno dell’incidente probatorio voluto dalla gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, e tutte le ipotesi avanzate dalla procura e dagli avvocati difensori dell’unico condannato Alberto Stasi, sono state smentite. Soprattutto non ha trovato conferma la presenza di Sempio sul luogo del delitto, quella mattina. Era questo il senso della grande attenzione dedicata dai periti a una serie di reperti che erano rimasti sequestrati per otto mesi insieme alla villetta di via Pascoli dove risiedeva la famiglia Poggi e dove era avvenuto il delitto. Si trattava prima di tutto di un sacchetto di plastica azzurro che Chiara aveva usato come piccola pattumiera, in cui erano contenuti i cartoni delle pizze che la ragazza e il fidanzato avevano consumato la sera precedente il delitto. Ma vi erano anche oggetti, come un avanzo di cereali, due vaschette di Fruttolo e un contenitore, con relativa cannuccia, di Estatè.

Il responso dei periti è stato deciso: nessuna traccia del dna di Sempio è su quegli oggetti. Se Chiara ha fatto colazione con qualcuno, prima di essere uccisa, questi non è l’amico di suo fratello Marco. Ma è emerso anche un dato inquietante, perché la cannuccia dell’Estatè riportava con certezza il dna di Alberto Stasi. La domanda quindi è: poiché il ragazzo aveva sempre dichiarato di aver bevuto birra la sera precedente, è possibile che abbia consumato l’Estatè la mattina del delitto? La domanda non è secondaria, non solo perché collocherebbe Stasi nella villetta alle nove del mattino, e questo diventerebbe un indizio forte della sua responsabilità nell’omicidio, ma anche perché sia la sua difesa che la stessa procura avevano mostrato di dare grande importanza alle tracce dei dna su quei reperti. Chi ha lasciato la propria impronta di sé su quegli oggetti, era stato detto, è il probabile assassino di Chiara. Lo ha fatto notare il legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, ricordando come, stando anche a quanto dichiarato dalla procura di Pavia, a questo punto si debba dedurre che quella mattina Alberto Stasi ha fatto colazione con Chiara.

Un vero boomerang per chi aveva voluto vedere invece Sempio sulla scena del delitto. Certo, l’incidente probatorio non si è concluso, neanche con la seduta di ieri negli uffici della polizia scientifica di via Fatebenefratelli a Milano. Ci sono da esaminare tracce su tre tamponi di Chiara e anche di macchie di sangue su un frammento del tappetino del bagno, oltre a un pelo, o capello, trovato nella spazzatura. C’è ovunque, ovviamente il dna di Chiara, ma c’è anche qualche traccia finora non attribuibile. Certo che, se anche questi ultimi risultati fossero negativi relativamente a Sempio, tutta quanta l’inchiesta del Garlasco-bis mostrerebbe la propria inconsistenza. Ma occorre ricordare che manca ancora la “prova-regina”, quella del dna sulle unghie di Chiara, considerato dall’accusa come “compatibile” con quello del nuovo indagato, che è poi il punto di partenza della nuova inchiesta. Ci sarà battaglia tra i periti, su quel punto.

Ma un’altra novità in favore di Sempio è arrivata a sconvolgere il quadro delle indagini. Parliamo della famosa “impronta 33”, la traccia sul muro delle scale al termine delle quali fu trovato il corpo della ragazza uccisa. Sembrava un asso nelle mani dell’accusa. Tanto che lo stesso procuratore Napoleone, nella risposta inviata al ministro Nordio sull’interrogazione parlamentare del deputato di Forza Italia, Tommaso Calderone, aveva rivendicato di aver emesso solo due comunicati-stampa nel corso delle indagini. E uno di questi, aveva detto, era stato ritenuto indispensabile per dare notizia “dell’esito della consulenza dattiloscopica dell’impronta numero 33”. Era stato il giorno del mancato interrogatorio di Andrea Sempio, che non si era presentato in procura, e il Tg1 si era assunto il compito dello scoop. Era stata mostrata quell’impronta colorata di rosso, senza che si precisasse come non ci fosse sangue ma che la colorazione era dovuta alla sostanza reagente usata per l’analisi della traccia. Di quell’impronta non si è mai saputo a quale periodo si riferisse, e del resto quella porzione di intonaco non c’è più, si lavora solo su una foto. Ma a contraddire l’ipotesi della procura sono arrivate nei giorni scorsi le perizie dei tecnici della famiglia Poggi, così come quella dei difensori dell’indagato. Concordanti, quell’impronta non è di Sempio, e non è neanche una traccia dell’assassino. Argomento archiviato, probabilmente. Anche se Giada Bocellari, difensore di Stasi, tiene a rimarcare la ”caratura professionale” dei consulenti della procura.

L’appuntamento è quindi rinviato a quando, nel contraddittorio delle parti, si esamineranno le tracce del dna sulle dita di Chiara, e finalmente si pronunceranno anche i consulenti della giudice. Perché finora abbiamo sentito solo i pareri delle parti, nessuna delle quali, procura compresa, come è ovvio, disinteressate.