Sembra la trama perfetta per un romanzo distopico, genere ormai tra i più in voga sia per le pagine scritte che per le trasposizioni televisive o cinematografiche. Eppure quello che sta succedendo in Spagna sul fronte della politica giudiziaria è assolutamente reale, ma assume contorni paradossali per chi è da decenni assuefatto alle polemiche italiane. Capita infatti che il governo decida di introdurre una serie di innovazioni nell'ordinamento, e che queste innovazioni vadano a incidere sulle modalità di accesso alle carriere di giudici e pm.

Poi accade che vi siano altre norme che, se approvate, cambierebbero le procedure con cui i procuratori dovranno istruire i procedimenti penali, e che le associazioni delle toghe, a partire dal corrispettivo spagnolo dell'Anm, protestino in modo vibrante evocando il tentativo del potere esecutivo di comprimere l'indipendenza della magistratura, tanto da proclamare una tre giorni di sciopero su tutto il territorio nazionale.

Un conflitto istituzionale clamoroso per la nazione di Cervantes che, al contrario, da queste latitudini è poco più di un canovaccio, una di quelle consuetudini che accompagnano il mestiere dei cronisti, come la cerimonia del Ventaglio coi presidenti delle Camere o lo scambio di auguri di rito tra le alte cariche istituzionali. Ma c'è qualcosa che rende ciò che sta accadendo oltre i Pirenei decisamente bizzarro ai nostri occhi, e riguarda l'aspetto politico di tutta la faccenda: a promuovere questa mini- riforma, infatti, è il ministro della Giustizia di un esecutivo presieduto dal nuovo eroe della sinistra europea Pedro Sanchez.

Dopo la dura presa di posizione contro l'aumento delle spese militari invocati dal presidente americano Donald Trump in ambito Nato, Sanchez è immediatamente divenuto un punto di riferimento per l'opposizione, soprattutto per il Pd, che ha avuto non pochi problemi al proprio interno quando il riarmo in salsa Ue è arrivato al vaglio dell'aula di Strasburgo.

La svolta antimilitarista dei socialisti spagnoli ha tolto le castagne dal fuoco alla leader del Nazareno, che però non sembra informata sulla visione di politica giudiziaria del suo nuovo modello. Perché a delineare il quadro distopico (una citazione molto più dozzinale potrebbe essere “Il mondo al contrario”, fortunato titolo che ha catapultato nell'agone politico italiano il generale Vannacci) è il fatto che l'unica associazione di magistrati che non ha aderito alla protesta è stata quella più a sinistra.

Come se da noi un governo presieduto da Elly Schlein volesse modificare l'ordinamento giudiziario, e per questo proposito andasse incontro agli strali di tutte le correnti della magistratura, tranne Magistratura democratica, legata a doppio filo all'esecutivo. Insomma, un plot che nel nostro paese potrebbe essere concepito solamente qualche emulo di Philip Dick o Ray Bradbury, ma che in Spagna sta colonizzando da giorni le prime pagine di tutti i giornali.

E per aumentare l'effetto spiazzante della narrazione, ieri sono anche giunte le polemiche sull'adesione allo sciopero stesso, poiché secondo i promotori non vi sarebbe l'obbligo di informare le autorità superiori – la Procura Generale dello Stato e il Consiglio Generale della Magistratura ( CGPJ) – sui dati di partecipazione o di chiarire se giudici e pubblici ministeri in ferie o in malattia saranno considerati partecipanti allo sciopero. Giovedì scorso, la sessione plenaria del CGPJ si era espressa negativamente sullo sciopero, e anche questo da noi suonerebbe strano.

Basta poi consultare la modalità di elezione del Csm spagnolo per capire che ciò non è così strano, visto che tutti e 20 i suoi membri vengono designati dal Parlamento tra una lista di autorevoli giuristi o magistrati, senza alcuna elezione gestita dai “partiti” delle correnti delle toghe. Ma questa è un'altra storia, o forse no.