Si riaccende la polemica tra politica e magistratura, o meglio tra l’ala più garantista della maggioranza, cioè Forza Italia, e l’Anm. Pomo della discordia: la nuova disciplina sulle intercettazioni. Tutto ha inizio con una recentissima circolare del procuratore di Messina, Antonio D’Amato, avente ad oggetto “Linee guida interpretative” della legge che prevede che le intercettazioni telefoniche e ambientali non possano avere una durata complessiva superiore a quarantacinque giorni – fatta eccezione per i reati di criminalità organizzata – a meno che non emergano, nel primo mese e mezzo di “ascolti”, elementi “specifici e concreti”.

Secondo D’Amato, pm che fa riferimento a “Magistratura indipendente” e che è stato togato Csm nella precedente consiliatura, quel limite “ordinario” di durata delle intercettazioni non riguarderebbe però i procedimenti per corruzione e altri delitti contro la pubblica amministrazione.

L’iniziativa di D’Amato ha suscitato l’immediata reazione di alcuni parlamentari di Forza Italia. Secondo Enrico Costa, «è inaccettabile che, ogni volta che il legislatore presenta una norma, questa venga stravolta da interpretazioni elusive da parte della magistratura». Da qui la replica dell’Anm: «La polemica legata alla nuova normativa in tema di intercettazioni non ha alcuna ragion d’essere. Alcuni parlamentari hanno lamentato un’interpretazione ‘creativa’ da parte della recalcitrante Procura di turno, volta a boicottare le intenzioni del legislatore, sottraendo i delitti di concussione, corruzione e simili alla disciplina che limita gli ascolti a 45 giorni».

In realtà, sostiene la giunta presieduta da Cesare Parodi, «la disciplina delle intercettazioni relativa a questi gravi delitti è la stessa prevista per la criminalità organizzata fin dal 2017, per espressa e inequivocabile disposizione di legge. È evidente, pertanto, che non vi è stata, da parte dei magistrati, alcuna interpretazione diretta a svuotare la volontà del legislatore, bensì mera applicazione della legge vigente. Sarebbe stato superfluo, ma si rende purtroppo necessario, ribadire che se una norma non è stata abrogata deve essere applicata. È viceversa doveroso sottolineare che, se l’intenzione del legislatore di sottrarre i reati contro la pubblica amministrazione alla più rigorosa disciplina in tema di intercettazioni non è stata fedelmente trasfusa nel testo di legge, non può addossarsi alcuna responsabilità alla magistratura», hanno concluso le toghe.

Tanto basta per una replica nel merito e nel metodo da parte del deputato azzurro, e capogruppo in commissione Giustizia, Tommaso Calderone: «L’articolo 6 estende la applicazione dell’articolo 13 Dl 152/ 91 ai reati contro la Pa. Ma la legge approvata fa riferimento ai reati previsti al comma 1 dell’articolo 13, e cioè ai reati di criminalità organizzata e minacce per mezzo del telefono. Non fa riferimento a tutti i reati richiamati con specifiche norme a cui si applica l’articolo 13. La neonata legge fa riferimento solo ai reati previsti dall’ articolo 13 e non ai reati a cui si applica l’articolo 13. L’ articolo 6 della legge del 2017 si limita a richiamare l’articolo 13 per la applicabilità e applicazione della deroga alle norme procedurali sulle intercettazioni. Se il legislatore avesse voluto escludere, dalla limitazione delle intercettazioni, i reati contro la Pa lo avrebbe specificato. Avrebbe scritto ad esempio che “l’articolo 267 comma 3 non si applica ai reati previsti dall’ articolo 13 comma 1 e ai reati previsti dall’ articolo 6 della legge del 2017”».

Calderone poi replica all’Anm: «Io non ho fatto alcuna polemica, respingo e rispedisco al mittente questa lettura dei fatti. Io ho fornito un parere tecnico. Però a questo punto aggiungo: se i magistrati ritenevano che la norma fosse chiara non si comprende per quale ragione abbiano avvertito l’esigenza di fare una circolare. È inaudito, inoltre, che una Procura si rivolga direttamente ai giudici per indicare come applicare una legge appena entrata in vigore. Sembra che le leggi le scrivano direttamente le Procure e che i giudici non siano in grado da soli di interpretare la norma».

Il riferimento del parlamentare è al fatto che il procuratore di Messina ha indirizzato la circolare non solo ai suoi sostituti ma anche al presidente del Tribunale di Messina, “per l’eventuale diffusione tra i giudici”. Così come ai presidenti del Coa e a della Camera penale della città siciliana. Comunque adesso sia Calderone che Costa fanno sapere che il legislatore provvederà a scrivere una norma di interpretazione autentica in un prossimo provvedimento, che potrebbe essere anche il Dl sicurezza.