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Forza Italia è sul piede di guerra. Al centro dello scontro istituzionale c’è la circolare della procura di Messina, firmata dal procuratore Antonio D’Amato e indirizzata non solo ai magistrati requirenti, ma anche a quelli giudicanti, all’Ordine degli avvocati e alla Camera penale. Un documento di nove pagine che delinea una lettura estensiva della recente norma approvata in Parlamento – su proposta di Pierantonio Zanettin (FI) – che limita a 45 giorni la durata delle intercettazioni nei procedimenti penali, salvo proroghe eccezionali.
Secondo il procuratore D’Amato, però, questa soglia temporale non si applicherebbe ai reati contro la pubblica amministrazione, in quanto – spiega la circolare – la legge 161/2017 ha equiparato, ai fini investigativi, questi reati ai delitti di criminalità organizzata e mafiosa. In particolare, si fa riferimento alla modifica dell’art. 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, che consente alle Direzioni aistrettuali antimafia di indagare su reati come corruzione, concussione, peculato e induzione indebita se “connessi” o di pari gravità rispetto ai reati di mafia.
«L’applicazione del limite di 45 giorni non può riguardare i reati per cui procedono le Dda – si legge nella circolare – inclusi quelli contro la Pa ricompresi nell’ambito della criminalità sistemica».
Costa: “Una forzatura pericolosa”
Secondo Enrico Costa, deputato di Forza Italia e relatore della legge, questa interpretazione «stravolge la volontà del legislatore». L’obiettivo della norma era infatti quello di ridurre l’abuso delle intercettazioni prolungate nei procedimenti ordinari, lasciando deroghe solo per reati di mafia e terrorismo. Costa contesta che una legge del 2017 – pensata per rafforzare i poteri delle Dda – possa oggi essere usata per escludere interi capitoli del codice penale dalla nuova disciplina, senza alcuna menzione esplicita nel testo del 2024.
«Una correzione sarà necessaria e potrebbe già essere inserita nel decreto sicurezza – spiega Costa – stiamo valutando come garantirne un’interpretazione autentica».
Calderone: “La Procura dice ai giudici come interpretare la legge”
Ancora più duro è Tommaso Calderone, capogruppo FI in Commissione Giustizia, che attacca non solo il contenuto ma anche il metodo della circolare: «È inaudito che una procura si rivolga direttamente ai giudici per indicare come applicare una legge appena entrata in vigore. Sembra che le leggi le scrivano direttamente le procure».
La circolare è indirizzata anche al presidente del Tribunale di Messina, e secondo Calderone ciò viola il principio della separazione dei poteri: «Bisognerebbe separare le Regioni, non le carriere. Se un pm è in Sicilia, il gip dovrebbe stare in Sardegna».
Nel merito, la circolare precisa che: le nuove norme sulle intercettazioni si applicano solo alle indagini “ordinarie”; nei procedimenti di competenza delle Dda, inclusi quelli su corruzione e peculato, continua a valere la disciplina prevista per i reati di mafia (durata illimitata o prorogabile); i reati contro la Pa restano esclusi dal tetto temporale solo se trattati dalle Dda, in base al principio della “connessione qualificata”.
Uno scontro che va oltre Messina
La circolare – che ha valore locale ma potrebbe diventare modello per altre procure – ha infiammato il dibattito a Roma. L’Associazione nazionale magistrati ha chiesto un incontro urgente con Forza Italia, fissato per mercoledì prossimo. Parteciperanno il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto e i capigruppo di FI anche in Commissione.
Lo scontro si inserisce in un clima di crescente tensione tra potere politico e magistratura, in un momento in cui incombe il possibile referendum sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Ed è in questo contesto che molti parlamentari, pur condividendo la linea di Costa, preferiscono il silenzio, per non alimentare nuove frizioni con le toghe.