Il Qatargate non è più un’inchiesta, ma il copione di un film distopico. L’ultima novità riguarda la scelta, da parte del Belgio, di non processare i presunti corruttori marocchini, con l’archiviazione degli indagati di Rabat, che ora avrà il compito di processare i suoi due cittadini coinvolti nel presunto scandalo di corruzione in seno al Parlamento europeo. Una scelta che fa il paio con quella compiuta qualche mese fa, con la rinuncia di perseguire il ministro del lavoro del Qatar Ali bin Samikh Al Marri, colui che avrebbe pagato gli eurodeputati per ottenere voti favorevoli alle politiche qatariote in Parlamento. Lo stesso accade ora con Abderrahim Atmoun, attualmente ambasciatore del Marocco in Polonia, e Mohamed Belharache, funzionario del servizio segreto estero marocchino (la Dged), sospettati di aver pagato gli eurodeputati Antonio Panzeri (il super pentito dell’inchiesta, nonché vertice del presunto sistema corruttivo) e Andrea Cozzolino e il loro ex assistente Francesco Giorgi, affinché lavorassero segretamente per conto del Marocco all'interno del Parlamento europeo. Gli inquirenti belgi, però, non li hanno mai ascoltati fino a dicembre 2023 e il loro interrogatorio è stato possibile solo a condizione che la loro testimonianza fosse raccolta da un magistrato marocchino. Gli inquirenti belgi hanno inviato a Rabat agenti di polizia e magistrati, col vincolo, però, di rimanere in silenzio.

La trascrizione integrale di questi interrogatori potrebbe confluire nell'inchiesta giudiziaria avviata in Marocco poiché, secondo quanto scritto oggi da Le Soir, sarà la giustizia marocchina, e non quella belga, a indagare sull'operato di due dei presunti corruttori di Qatargate. Il 12 aprile scorso, infatti, la Chambre du conseil di Bruxelles ha emesso un'ordinanza che rinvia alla giustizia marocchina Atmoun e Belharache, che in caso di conferma delle accuse potranno essere processati solo in Marocco.

Ma il tutto sembra rientrare in un’ottica di accordi diplomatici tra i due Paesi: il 15 aprile scorso, infatti, il primo ministro Alexander De Croo, i ministri Annelies Verlinden (Interni), Hadja Lahbib (Esteri), Paul Van Tigchelt (Giustizia) e Nicole de Moor (Asilo e Migrazione) si sono recati a Rabat, dove è stato raggiunto un accordo sul trasferimento in Marocco di circa 700 marocchini senza diritto di soggiorno attualmente detenuti in Belgio. Il governo marocchino si è dunque impegnato a rimpatriare nel Paese d’origine tutte le persone identificate come di nazionalità marocchina e prive di permesso di soggiorno in Belgio. Per il Segretario di Stato Nicole de Moor si tratta di un «impegno molto chiaro» e di una «forte garanzia» di miglioramento della cooperazione.

Ma non solo: nel corso dell’incontro si è discusso anche della prossima apertura di un ufficio della Sicurezza di Stato a Rabat e della sorveglianza del porto di Tangeri, porta d’ingresso della cocaina in Europa. «Il ministro degli Esteri non ha partecipato alle discussioni, che riguardavano la cooperazione giudiziaria tra i nostri due Paesi, di competenza del ministro della Giustizia», ha commentato il portavoce della signora Lahbib. Paul Van Tigchelt ha affermato che l’accordo raggiunto con Rabat non avrebbe nulla a che vedere con la scelta di rinunciare al troncone marocchino del Qatargate: «Questo non fa parte dell’accordo», ha sottolineato il suo portavoce. «Il ministro della Giustizia non può dare ordini alla procura in un caso individuale, e questo non è accaduto in questo caso. È qui che si applica la separazione dei poteri, come si può immaginare». La Procura federale ha rifiutato di rispondere alle domande poste da Le Soir, così come l’ambasciata marocchina in Belgio.