Gli esami svolti oggi dalla genetista Denise Albani, incaricata dal gip di Pavia, sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi hanno stabilito che sui cinque campioni di Dna uno è quello di Ernesto Gabriele Ferrari, assistente del medico legale che nel 2007 effettuò l’autopsia sulla vittima, un altro appartiene a un uomo sconosciuto, il cosiddetto “ignoto 3”, mentre gli altri tre sono illeggibili.

Sulla garza utilizzata per raccogliere materiale dalla bocca di Chiara Poggi è stato rilevato pertanto Dna da contaminazione (non traccia dell’assassino) avvenuta molto probabilmente nella sala autoptica, con un contatto diretto o con oggetti a loro volta contaminati. Per questo motivo Albani chiederà al medico legale, Marco Ballardini, che effettuò l’autopsia sulla vittima, chiarimenti su come ha eseguito il prelievo salivare, sul perché abbia usato una garza non sterile al posto di un tampone e sui presenti in sala autoptica, oltre a lui e al suo assistente. La richiesta al medico legale dovrebbe servire a chiarire se la traccia di Dna maschile senza identità, confermata dalla replica degli esami sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi, deriva da una contaminazione.

La replica degli esami sul tampone, prelevato 18 anni fa durante l’autopsia sul corpo della giovane di Garlasco, con gli esami di oggi rientra tra gli accertamenti dell’incidente probatorio disposto per avvalorare la nuova ipotesi della procura di Pavia e dei Carabinieri del Nucleo investigativo di Milano con al centro Andrea Sempio, sospettato dell’omicidio di Chiara Poggi commesso con uno o più complici.

Gli accertamenti rappresentano, secondo la procura, uno snodo importante per le indagini. Gli inquirenti sperano di avvalorare le nuove ipotesi investigative con riscontri concreti e mirano ad avere un nuovo quadro all’interno del quale è collocato l’omicidio del 13 agosto 2007, che ha portato alla condanna a 16 anni di carcere di Alberto Stasi.

Sono due i fronti di indagine che stanno impegnando la procura di Pavia, diretta da Fabio Napoleone, e il Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano. Il primo riguarda la ricerca di un “contaminatore” tra gli operatori che nel 2007 ebbero contatti diretti con il cadavere di Chiara Poggi. Il secondo fronte di indagine si sofferma sul profilo genetico attribuibile all’assassino della giovane.

Quattro giorni fa, dopo i risultati delle prime analisi, la genetista Denise Albani ha effettuato la “sessione” di consolidamento riguardante i dati già emersi. Nello specifico, su cinque prelievi tre non hanno dato risultati utili, mentre gli altri due hanno consentito di individuare un Dna maschile. Uno di questi è riferibile a “ignoto 3” e l’altro è riconducibile all’assistente del medico legale che effettuò l’autopsia.

Gli accertamenti sul Dna potrebbero aprire nuovi scenari? È difficile dirlo. L’incidente probatorio su questo aspetto, richiesto dalla procura di Pavia e disposto dal gip, può essere comunque utile. Ne è convinta Federica Liparoti, penalista del Foro di Milano. «L’utilità dell’incidente probatorio – dice l’avvocata Liparoti – può consentire di chiarire il quadro, tenendo conto delle nuove tecnologie che si hanno a disposizione. Se da un lato l’analisi del vasetto di yogurt e di altri oggetti rinvenuti nella spazzatura non ha permesso di rinvenire elementi particolarmente significativi, oggi invece possono emergere dati e informazioni utili. Le rilevazioni sul tampone inoltre sono significative».

Non è escluso che in questa fase i campioni di Dna a disposizione vengano confrontati con quelli di alcuni amici più stretti o comunque altre figure che gravitavano intorno all’abitazione dei Poggi. Gli investigatori valuteranno pertanto se estendere ulteriori raffronti con una platea più ampia di soggetti. «Un altro tema che potrebbe essere naturalmente avanzato – aggiunge Liparoti - e riguarda lo stato di conservazione dei reperti. Se alcuni Dna erano illeggibili, ma sono ritenuti pienamente utilizzabili, questo certamente fa fare un netto passo in avanti alle indagini».

Liparoti si sofferma infine sui numerosi dibattiti dedicati all’omicidio di Garlasco che animano le tv. «Il diritto di cronaca – afferma - deve essere salvaguardato nel preciso rispetto dei limiti imposti ai giornalisti e a chiunque si occupi di un certo tipo di tematiche. Non va stigmatizzata in generale l’attenzione mediatica verso questo tipo di fatti di cronaca, che devono, a mio avviso, essere raccontati. Le discussioni su certe vicende devono seguire le indicazioni precise in tema di cronaca giudiziaria fornite anche della Cassazione».

A distanza di quasi vent’anni, l’omicidio di Chiara Poggi continua ad attirare l’attenzione dei lettori e dei telespettatori. «Su questo aspetto, però, è sempre utile tenere alta la guardia», evidenzia l’avvocata Liparoti, che più volte in diverse trasmissioni televisive è intervenuta per commentare la vicenda di Garlasco. «Occorre avere un atteggiamento sobrio ed equilibrato, evitando la diffusione di una cultura della colpevolezza nell’opinione pubblica. Quando si raccontano o commentano i fatti di cronaca giudiziaria, non bisogna affermare quello che le persone vogliono sentirsi raccontare. Bisogna nutrire dei dubbi e non far passare per colpevoli dei soggetti al centro di alcune indagini. Bisogna informare correttamente in base ai dettami della cronaca giudiziaria. Vanno inoltre evitate e stigmatizzate certe derive. Pensiamo alla notizia di queste ore, secondo la quale qualcuno ha addirittura messo in vendita alcune immagini dell’autopsia della povera Chiara. Siamo di fronte a delle storpiature inaccettabili, perché si tratta di qualcosa che esula dal diritto di cronaca. Quest’ultimo va sempre preservato e l’opinione pubblica deve essere informata correttamente».