Continua inesorabile lo screening mediatico dell’indagine su Carlo Nordio. E si arricchisce, se così si può dire, di ulteriori malintesi. È stato reso noto ieri, dal Corriere della Sera e da Repubblica, un ulteriore stralcio della mail-clou attorno a cui ruotano le accuse rivolte al guardasigilli, sul caso Almasri, da alcuni giornali e dalle opposizioni: si tratta della mail inviata alle 14.35 di domenica 19 gennaio da un dirigente di via Arenula, l’allora capo dipartimento degli Affari di giustizia Luigi Birritteri, a un’altra magistrata in servizio al ministero, Maria Emanuela Guerra, responsabile della direzione Affari esteri e, per conoscenza, anche a Giusi Bartolozzi, capo di Gabinetto del guardasigilli.

È un documento (che ha per oggetto “Arresto cittadino libico in Torino su mandato della CPI”) del quale il Dubbio ha anticipato il contenuto venerdì scorso. In particolare Corriere e Repubblica riportano la seconda parte della mail, in cui Birritteri specifica: “Insieme a Margherita (la citata Guerra, ndr) legge in copia il capo di gabinetto sia per doverosa informazione sia perché eventuali necessità di adozione di provvedimenti urgenti nella specifica materia ci vedono privi di delega come già da me evidenziato anche al capo Gab in precedenti comunicazioni inerenti i mandati di arresto spiccati dalla Cpi a carico di alcune autorità della Federazione Russa”.

Qui Birritteri è molto chiaro nel definire “eventuali” i provvedimenti che il ministro potrebbe dover adottare. Quindi certifica, esattamente come nella prima parte della mail, che sul guardasigilli non incombe, al momento né l’onere né la possibilità giuridica di autorizzare alcuna consegna di Almasri alla Corte dell’Aia.
E anzi, prima dell’autorizzazione alla consegna firmata da Nordio, servirebbe l’accertamento dell’identità del militare libico: lo prevede la legge che coordina lo statuto istitutivo della Cpi con il diritto italiano, la 237 del 2012. Ma non risulta che quell’identificazione sia mai stata compiuta.

Non c’era insomma per Nordio alcuna necessità di “innescare” i propri uffici affinché preparassero l’atto, anche considerato che per decidere sulla “consegna”, e non sull’arresto, già avvenuto (come insiste nel ricordare, da settimane, il Giornale), il ministro della Giustizia avrebbe avuto qualcosa come 20 giorni a disposizione (lo dice sempre la legge 237 del 2012, all’articolo 13).

Lo stralcio della mail di Birritteri riportato ieri da Corriere e Repubblica non smentisce affatto, in ogni caso, la prima parte della mail, in cui il capo del “Dag” riconosce “l’irritualità della procedura che sinora non vede coinvolto il Ministero della giustizia come autorità centrale competente”.

Ancora: la seconda parte della mail in cui Birritteri evoca “eventuali necessità di adozione di provvedimenti urgenti” (da parte del guardasigilli) è del tutto coerente con l’altra frase chiave contenuta nella prima parte della mail: “Domani faremo le nostre valutazioni sulla base della documentazione che ci verrà eventualmente trasmessa”. Il che, come già scritto su queste pagine, certifica in modo granitico come Nordio non avrebbe potuto produrre alcun atto sulla base della semplice informativa sommaria pervenuta, nella mattinata di domenica 19 gennaio, dal magistrato italiano distaccato all’Aia, Alessandro Sutera Sardo. Esattamente quanto il guardasigilli ha dichiarato alla Camera il 5 febbraio.

Quella frase di Birritteri è decisiva: “Domani faremo le nostre valutazioni sulla base della documentazione che ci verrà eventualmente trasmessa”. Ieri però Repubblica ha accorciato l’inciso al punto da modificarne il significato: ha tralasciato le parole “che ci verrà eventualmente”. La versione citata da Repubblica suona dunque così: “Domani faremo le nostre valutazioni sulla base della documentazione trasmessa”. Ne deriva un equivoco in base al quale il lettore potrebbe ritenere che “la documentazione” sia stata già “trasmessa”. Non è così, evidentemente.

Quando parla di documentazione ancora non pervenuta, Birritteri si riferisce al mandato d’arresto vero e proprio, definito sulla base delle accuse mosse ad Almasri dalla Corte penale internazionale. Si tratta dell’unico documento che può mettere Nordio nelle condizioni giuridiche di autorizzare la consegna del libico ai giudici dell’Aia. Ed è, ancora una volta, esattamente quanto Nordio ha detto a Montecitorio.

Corriere e Repubblica citano un ulteriore stralcio della mail inviata da Birritteri a Guerra e, per conoscenza, a Bartolozzi: “Potrebbe, dunque, emergere la necessità di atti urgenti a firma dell’On, Ministro”. Certo: potrebbe. Condizionale scelto non a caso. La necessità di atti urgenti a firma Nordio potrà emergere, intende Birritteri, solo qualora il giorno dopo, lunedì 20 gennaio, fosse arrivato il carteggio completo. C’è semplicemente da prevedere passaggi formali veloci, ma sempre e solo per il giorno successivo.
Birritteri d’altronde è responsabile di un dipartimento che comprende anche la direzione guidata da Guerra, e si preoccupa, dunque, di fare in modo che, al momento necessario, la propria collega sia nelle migliori condizioni per predisporre l’atto da sottoporre alla firma di Nordio. Ma l’eventualità potrà presentarsi sempre e solo il giorno dopo.

Signal non è una sim da narcos colombiani: la usano molti magistrati

Ultimo dettaglio: Signal. Nella mail di replica, alle 15.28, la Capo di Gabinetto Bartolozzi scrive testualmente a Birriteri: “Ero stata informata”, come Nordio, d’altronde, che ha letto a sua volta l’informativa, sommaria e insufficiente, arrivata dall’Aia, “massimo riserbo e cautela anche nel passaggio delle info. Meglio chat su Signal. Niente per mail o protocollo”, accessibile persino al personale di segreteria, tanto per capirci, “ma solo per posta riservata anche interna”.
Si tratta di scelte in cui il governo chiamerà in causa la sicurezza nazionale. Come confermato dal Tribunale dei ministri, nel fascicolo dell’indagine prossima a chiudersi ci sono anche documenti dell’Aise, cioè dei Servizi, classificati e coperti da segreto. Se Bartolozzi non avesse esortato al riserbo, sarebbe stato grave.

Eppure, chi ha trasferito le notizie ai giornali evidentemente ha rappresentato l’invito a comunicare “via Signal” come il passaggio dalle mail @giustizia.it a una sorta di sim da narcotrafficanti colombiani. Niente narcos: su Signal ci sono anche molti magistrati, anche tra diversi tra i capi delle Procure più importanti. Ci sono persino magistrati che, anche di recente, si sono congedati dalla toga e sono finiti in Parlamento. Basta chiedere, o verificare di persona.