«La magistratura associata certamente non fa una battaglia politica» : lo ha precisato ieri, a Omnibus su La7, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi replicando a una domanda sul fatto che la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere sia dedicata all'ex leader di Fi Silvio Berlusconi. «L'Anm è unitaria in difesa di determinati valori costituzionali, fortemente identificativi della giustizia, e vuole difendere questi principi, confida sul fatto che i cittadini, quando andranno a votare, terranno conto di queste indicazioni», ha proseguito il vertice dell’Anm, ricordando che i magistrati vengono spesso a torto presentati come «oppositori del governo o legati a qualche partito».

Ha poi concluso: «Nessuno può avere dubbi sul fatto che quando la riforma sarà approvata e avrà terminato il suo iter con il referendum saremo i primi ad applicare le nuove disposizioni; il problema è che ci è stato contestato anche di manifestare le nostre idee in un momento in cui la legge, ad oggi, non è stata ancora approvata». Sul fatto che le toghe applicheranno, se la maggioranza politica e il Governo vincessero il referendum, quanto previsto dal ddl Nordio è quasi una ovvietà, l’ipotesi contraria sarebbe un atto eversivo di gravità inaudita. Sul loro diritto a manifestare contrarietà alla riforma il tema non è facile da dipanare.

Bilanciare i diritti in gioco è sempre molto complesso. E ciò emerge chiaramente quando si parla della libertà delle toghe di sostenere le loro idee in pubblico. Problema antico ma sempre attuale che concerne l’annosa questione del delicato equilibrio tra la libertà di manifestazione del pensiero, che deve essere riconosciuta anche ai magistrati in quanto cittadini, ed il valore, anch'esso di rilievo costituzionale, dell'imparzialità e terzietà della funzione giurisdizionale.

C’è poi il “gesto estremo” dello sciopero che l’Anm ha messo in atto prima contro la riforma Cartabia, poi contro quella Nordio. Come ricordava il professor Giovanni Guzzetta «lo sciopero nel nostro ordinamento si pratica per rivendicazioni strettamente contrattuali o per ragioni politico- economiche legate agli interessi della categoria che lo fa.

Non mi pare che l’Anm voglia inquadrarlo in questo schema. Mi sembra, viceversa, che l'impostazione sia quella di contestare l’indirizzo politico del Governo in nome dell’interesse generale». E forse non ha torto il costituzionalista. O probabilmente quella iniziativa verrebbe assolta dall’accusa di atto corporativista se ad esempio fosse fatta anche per denunciare le condizioni di illegalità in cui si trovano le nostre carceri. Resta poi la domanda se l’Anm stia conducendo o meno una battaglia politica.

Quello che abbiamo di fronte sono gruppi associativi o il “sindacato” delle toghe con i suoi vertici che aspirano a occupare spazi del dibattito pubblico, che prendono posizioni, talvolta di natura tecnica, altre volte no, che per molti sconfinano in territori non propri quando ad esempio vanno a parlare all’interno di una sede di un partito politico, offrendo il fianco ad accuse di politicizzazione e minando agli occhi di tanti la loro immagine e la loro autorevolezza.

Tuttavia se, come diceva sempre Guzzetta, «l’Anm orgogliosamente e legittimamente rivendica» certe scelte allora bisogna ricordare, come ci insegnano i libri di filosofia, che non esiste libertà senza responsabilità. Se, anche per chi scrive, i magistrati hanno il diritto di dire e fare ciò che già stanno dicendo e facendo, a prescindere dalla condivisione nel merito, non bisogna mai, dunque, dimenticare l’altra faccia della medaglia: il rischio che una sovraesposizione, un eccessivo uscire dall’Aula di Tribunale, porti con sé l’accusa di voler appartenere ad una terza Camera.