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IMAGOECONOMICA
«Rammarico» per l’indifferenza del legislatore sul fine vita e sui figli di coppie dello stesso sesso, critica ai giudici che fanno prevalere nelle loro decisioni i propri «eccessi valoriali», e ancora «grave leggerezza» quella dell’ex giudice costituzionale Zanon nello scrivere un libro sulle proprie dissenting opinion, eccessiva spesa dello Stato per la lentezza dei processi: questi i punti fondamentali della relazione del Presidente della Corte Costituzionale, Augusto Barbera, espressi nella sua relazione dinanzi al Capo dello Stato Mattarella e in seguito nell’incontro con la stampa.
Fine vita e coppie omogenitoriali
Sul primo punto ha scritto il vertice della Consulta: «Non si può non manifestare un certo rammarico per il fatto che nei casi più significativi il legislatore non sia intervenuto, rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete, obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione. È con questo spirito che si auspica sia un intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato), sul fine vita, sia un intervento che tenga conto del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso.
In entrambi i casi il silenzio del legislatore sta portando, nel primo, a numerose supplenze delle assemblee regionali; nel secondo, al disordinato e contraddittorio intervento dei Sindaci preposti ai registri dell’anagrafe». Se è vero – ha proseguito – che «l'attività del Parlamento non è un'attività 'servente'» tuttavia «se rimane l'inerzia, la Corte a un certo non potrà non intervenire a difesa di quei diritti che vengono invocati attraverso i giudizi in via incidentale».
Proprio Marco Cappato, tesoriere dell’Ass. Coscioni ha commentato: «Dal Presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera sono arrivate parole chiare e forti non solo sull’inerzia del Parlamento, ma anche sulla determinazione della Consulta a non sottrarsi alle proprie responsabilità di fronte al dubbio di costituzionalità sollevato dalle nostre azioni di disobbedienza civile». Critico invece Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus: «Su fine vita e diritti lgbt la Corte costituzionale ha emesso sentenze politiche esautorando il Parlamento e violando la separazione tra poteri dello Stato».
Il richiamo ai giudici e il caso Apostolico
Per quanto concerne il secondo punto Barbera si è astenuto, seppur sollecitato dai giornalisti, a fare riferimento a casi concreti ma il pensiero è andato immediatamente alla disapplicazione del decreto Cutro da parte della giudice catanese Apostolico, passato per le Sezioni Unite della Cassazione e ora al vaglio della Corte di Giustizia Europea: «Non intendo negare il ruolo fondamentale – si legge nella sua relazione - che il giudice comune può e deve esercitare, ma piuttosto ricondurlo ai limiti della sua sfera di competenza, allontanando quegli “eccessi valoriali” da cui talvolta non pochi di essi si sentono pervasi. Sollevare una questione di legittimità non è di certo una funzione minore».
L’ipotesi di una critica alla presa di posizione della sezione immigrazione del Tribunale Civile di Catania si rafforza quando il vertice della Consulta sottolinea: «la giurisprudenza di questa Corte ha incoraggiato – e intende continuare a farlo – le “interpretazioni costituzionalmente orientate” operate dal giudice comune. Tuttavia, ove queste non siano possibili, o diano luogo a soluzioni contrastanti, l’ordinamento richiede un giudizio di legittimità costituzionale destinato ad operare non solo nel caso singolo, ma erga omnes, proprio a garanzia – lo ripeto – della “certezza del diritto”». Quindi se ad «un testo di legge, approvato magari qualche settimana prima dal Parlamento (decreto Cutro?, ndr), si ritiene di dover contrapporre una propria visione dei valori costituzionali è un po' diverso». Il testo non va forzato «per quelli che chiamo “eccessi valoriali”». La stessa posizione condivisa dal Sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano che all'indomani della decisione Apostolico aveva sostenuto che la via maestra sarebbe dovuta essere quella di sollevare il dubbio di legittimità costituzionale.
Il caso Zanon
Abbiamo poi chiesto al Presidente un parere sul nuovo interessante libro dell’ex giudice costituzionale Nicolò Zanon, Le opinioni dissenzienti in Corte Costituzionale Dieci Casi (Zanichelli Editore). Ci ha risposto Barbera: «Non possiamo ammettere una dissenting opinion a posteriori. Quello che ha fatto il mio amico Zanon è una dissenting opinion a posteriori non commendevole, frutto di una grave leggerezza. Mi dispiace, abbiamo lavorato bene tanti anni, e siamo anche amici». Ha poi precisato: «Il cpc, articolo 275 (276, ndr), si applica anche alla Corte Costituzionale e dice che è garantito il segreto della camera di consiglio», ha ricordato il presidente, ammettendo però che «so che ci possono essere delle diverse discipline del segreto per quanto riguarda i giudici comuni e la Corte costituzionale».
Poi forse un paragone eccessivo: «Si immagini una Corte d'assise che condanna un capomafia all'ergastolo ed un giudice che dice io non ero d'accordo». In realtà Zanon nel suo libro scrive chiaramente: «A voler fare i giuristi sul serio, c’è da dire che non è nemmeno chiaro se esprimere e rendere nota una opinione dissenziente, rivelando il proprio voto e i propri argomenti, sia davvero vietato». E si è chiesto anche: «Commette un illecito l’ex giudice che scrive in un libro che una certa decisione “ha spaccato la Corte Costituzionale”, che la decisione è stata assunto “otto a sette”, che lui figurava tra i sette? E se ulteriormente ricorda che quelle notizie erano state riportate, il giorno successivo alla decisione, su un quotidiano, e conclude candidamente che quel giornale le aveva “presumibilmente” apprese proprio da lui? Sarebbe forse questa la confessione di un’illecita rivelazione di segreti?».
Il riferimento di Zanon è a quanto scritto del libro di Giuliano Amato e Donatella Stasio - Storia di diritti e di democrazia La Corte Costituzionale nella società (Feltrinelli editore) – dove l’ex presidente della Consulta ha ammesso, in merito ai permessi premio ai detenuti mafiosi non collaboranti, che fu lui a partecipare il voto finale al Corriere della Sera. Abbiamo posto la stessa domanda a Barbera ma ci ha risposto, evidentemente volendo evitare una polemica con Amato: «Non ho letto questa parte, il libro è molto voluminoso. Leggerò il passo che lei mi dice».
Processi lumaca
Sull’ultimo punto, ritenendo probabilmente fisiologici gli errori giudiziari e le ingiuste detenzioni, ha lanciato la seguente preoccupazione: «Più che il dovuto risarcimento delle vittime errori giudiziari, che non sono solo in Italia», «temo che ancora più pericoloso che il bilancio dello Stato debba sopportare la lunga durata dei processi».