Nessun percorso di giustizia riparativa per Alessandro Impagniatiello, l’ex barman 32enne condannato in appello il 25 giugno per l’omicidio pluriaggravato della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese. Lo ha stabilito la Corte d’Assise d’Appello, che ha rigettato l’istanza valutando l’assenza dei presupposti essenziali per l’accesso alla misura.

In un comunicato diffuso dalla Corte, i giudici hanno evidenziato come non sussistano il pericolo per le parti né quello per l’accertamento dei fatti, due dei requisiti previsti dalla legge per consentire l’attivazione di un percorso riparativo. Ma a rendere impraticabile ogni tentativo di giustizia riparativa è soprattutto un altro elemento decisivo: «l’indisponibilità, per ora irretrattabile, delle persone direttamente danneggiate dai reati a prendere parte al programma».

La Corte ha inoltre sottolineato che, anche in presenza di un’apertura da parte dei familiari della vittima, sarebbe comunque stata necessaria una rielaborazione critica da parte dell’imputato dei moventi e degli impulsi criminosi che lo hanno spinto a compiere l’omicidio.

«Moventi o impulsi criminosi che, se rielaborati criticamente da Impagniatiello e portati a giustificazione della scelta di un percorso di riconciliazione, sarebbero valsi a motivare l’utilità di avvio del programma», si legge nella motivazione. «Ma così non è stato».

Impagniatiello, già condannato in primo grado all’ergastolo, ha ammesso l’omicidio ma non ha intrapreso alcun percorso volto ad assumersi pienamente la responsabilità del gesto o ad affrontarne le cause profonde. La Corte d’Appello ha dunque ritenuto che, in assenza di questa rielaborazione personale e della partecipazione delle vittime indirette, non possa esserci alcuna effettiva utilità in un’eventuale esperienza di giustizia riparativa.