Con le somministrazioni del veleno per topi a Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, Alessandro Impagnatiello voleva procurarle un aborto ma non ucciderla da mesi. È la conclusione a cui sono giunti i giudici della Corte d’assise d’appello di Milano analizzando gli atti e il ricorso della difesa del 32enne per escludere l’aggravante delle premeditazione, riformando parzialmente la sentenza di primo grado pur confermando la condanna all’ergastolo.

Le motivazioni dettagliate della sentenza si conosceranno entro il 15 settembre 2025, ma dal dispositivo emerge che i giudici di secondo grado hanno ribaltato la prima sentenza secondo cui l’ex barman avrebbe iniziato a coltivare l’idea di commettere l’omicidio, poi avvenuto il 27 maggio 2023, già il 12 dicembre 2022 appena scoperta la gravidanza della compagna 29enne. Un «proposito criminoso» nato con le «prime navigazioni esplorative sul web» alla ricerca del topicida da acquistare e che «non ha più abbandonato» per «quasi 6 mesi» quando «è passato alle vie di fatto».

Secondo la prima sentenza aveva «escogitato stratagemmi per narcotizzarla, acquistando a marzo la bottiglia di cloroformio ed informandosi a maggio su altre possibili sedativi» e lo ha fatto con «cautela e prudenza, in modo subdolo e nascosto» come l’acquisto avvenuto «sotto falso nome» fino «alla ricerca sul web di come procurarsi del valium senza ricetta» nella consapevolezza che Tramontano, in stato di gravidanza, veniva sottoposta agli esami di routine. La sentenza aveva ritenuto «irrilevante» che le concentrazioni di veleno trovate fossero troppo lievi per provocare «la morte».

L’avvocata Giulia Geradini ha invece contestato questa impostazione. Per lei proprio le 15 ricerche effettuate sul web in 6 mesi con le stringhe «veleno per topi» associata alla parola «gravidanza» o «aborto» dimostrano come non intendesse uccidere la donna sin dall’inizio, ma sbarazzarsi del figlio che non voleva. «Io sono soddisfatta per quanto riguarda la premeditazione che è caduta. Credo fortemente anche che non ci fossero gli estremi per l’aggravante della crudeltà. Adesso leggeremo le motivazioni e vedremo, anche per capire su cosa si fonda la mancata concessione delle attenuanti generiche. Il termine per il deposito della motivazione è il 15 settembre, valuteremo in quella sede come procedere», commenta la legale dopo la lettura della sentenza.

«Sembra che ci sia un’ordinanza separata, cercheremo di capire meglio cosa abbiano deciso su quel punto, pensavo si sarebbero espressi subito», ha aggiunto la legale in merito alla richiesta di giustizia riparativa. I giudici infatti prenderanno una decisione «separata» sull’istanza della difesa di accedere al programma. «Alessandro non ha detto nulla. Mi ha ringraziato per il mio lavoro», ha concluso l’avvocata. 

«Vergogna. La chiamano legge ma si legge disgusto», scrive sui social Chiara Tramontano, sorella di Giulia, dopo il verdetto d’appello. La sorella della 29enne aggiunge: «L’ha avvelenata per sei mesi. Ha cercato su internet: “quanto veleno serve per uccidere una donna” poi l’ha uccisa. Per lo Stato, supremo legislatore, non è premeditazione. Vergogna a una legge che chiude gli occhi davanti alla verità e uccide due volte. E smettetela di portare gli assassini ai banchi. Sono assassini. Vanno in cella. Nessuno li vuole liberi, inquinano».