E così è bastato il codice di procedura penale a trasformare quello che avrebbe potuto essere il grande palcoscenico del processo infinito di Garlasco, con i tre interrogatori incrociati del condannato, Alberto Stasi, l’indagato, Andrea Sempio, e il testimone, Marco Poggi, in una normale giornata al palazzo di giustizia di Pavia.

Dove l’indagato non si è presentato, su suggerimento dei suoi difensori Angela Taccia e Massimo Lovati, perché il procuratore Fabio Napoleone e i suoi collaboratori sarebbero incorsi in un doppio errore procedurale. L’articolo 375 del codice di procedura penale impone l’accompagnamento coatto dell’indagato, se non si presenta spontaneamente, e questo è stato trascurato. Inoltre al comma due si dice anche che “l’invito contiene altresì la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute”. E anche questo nella convocazione non compare. Così Sempio è rimasto a casa. Immediatamente qualcuno ha soffiato al Tg1 la notizia che una perizia avrebbe riscontrato l’impronta della mano dell’indagato vicino al corpo di Chiara. Ma nessun genetista l’aveva mai rilevata. Si vedrà.

Ha parlato comunque per due ore e mezzo, nella veste di testimone assistito e con la presenza dell’avvocato Antonio De Rensis, Alberto Stasi, mentre è rimasto a lungo segreto il luogo dove si sarebbe svolto l’incontro da remoto con gli investigatori di Marco Poggi, il fratello di Chiara e amico di Sempio. Il suo avvocato, Francesco Compagna, in una nota ha dichiarato: «Con la collaborazione degli inquirenti, Marco Poggi ha potuto essere sentito lontano dai giornalisti e ha risposto serenamente alle domande che gli sono state rivolte. Ad Andrea Sempio lo lega un'amicizia di lunga data e la convinzione della sua estraneità alla tragica vicenda che ha sconvolto la sua famiglia».

Ma senza la deposizione dell’unico indagato la giornata ha perso la gran parte del suo sapore. Si rimane dunque con le carte che sono già sul tavolo, e da tempo. E sono poca roba, fino a ora. Altro che processo indiziario, come quello che aveva portato alla condanna a 16 anni di carcere Alberto Stasio. Nel caso di Andrea Sempio, se i pubblici ministeri non esibiranno a breve qualche carta clamorosa, per esempio come quella riportata dal Tg1, siamo sempre fermi a quei tre fragili indizi che avevano già portato all’archiviazione del 2017, su richiesta della stessa procura, e alle successive due del 2024.

Partiamo dal movente, escluso il fattore sentimentale, la cotta del ragazzino liceale nei confronti di una giovane donna già laureata, che i giudici hanno considerato poco credibile sia proprio per la differenza di età, ma anche perché nessuno, né nella famiglia Poggi né ne giro di vecchi amici, aveva mai alluso a qualcosa di simile. Del resto Andrea Sempio e Chiara si conoscevano a malapena e lo stesso Stasi e l’indagato di oggi non si erano mai visti.

Secondo indizio, le telefonate. Prima di tutto va chiarito che nessuna traccia di chiamate di Sempio è stata trovata sul cellulare di Chiara. Ci sono le tre chiamate dei giorni precedenti l’omicidio sul telefono di casa Poggi. Due sei giorni prima, della durata rispettivamente di 2 e 8 secondi, la terza dell’8 agosto, cui il ragazzo e Chiara si sarebbero parlati per 21 secondi, il tempo da parte di lui per chiedere di Marco, il suo amico e fratello della ragazza. Non proprio un comportamento da stalker. Però Marco, osserva la procura, era in vacanza in quei giorni, possibile che Andrea non lo sapesse? Non eravamo abituati tra amici, ha detto in una recedente deposizione Marco, a salutarci prima di fare dei viaggi. Un altro indizio è quello sull’alibi.

La procura colloca il cellulare di Sempio a Garlasco, nelle ore del delitto, e non a Voghera, come lui dice, dopo aver esibito lo scontrino di un parcheggio, ritrovato sull’auto da sua madre un anno dopo. E questo sarebbe il secondo punto debole della sua difesa. Ma non pare solidissimo neanche quello dell’accusa, perché collocare un telefono o una persona in un dato luogo non comporta che fosse proprio sulla scena del delitto. Il dna infine, la prova regina di ogni inchiesta.

Quello trovato sulle unghie di Chiara Poggi era già stato considerato non utilizzabile dal genetista Francesco De Stefano nel processo di appello-bis nei confronti di Aberto Stasi ed è stato motivo anche delle archiviazioni successive. Nell’incidente probatorio dei giorni scorsi si è fissata la data del 17 giugno come data di partenza per i genetisti d’ufficio per verificare, secondo quanto disposto dal gip, il materiale genetico di una decina di persone per poi eventualmente compararle con quello di Chiara e dare un responso entro novanta giorni. Tempi lunghi, che paiono contrastare con l’urgenza mostrata dalla procura con le convocazioni triangolari di oggi e la preparazione del grande palcoscenico che non c’è stato.