Bisogna partire dalle parole: bambini strappati. Bambini rapiti. Genitori derubati. Bastano le scelte narrative per capire che sulla cosiddetta “famiglia del bosco” di Palmoni si è sviluppata una guerra ideologica, che ricade, come sempre, sulle spalle dei bambini.

Ai margini della scena, perché del loro superiore interesse, quello tutelato dalla Convenzione di New York, finisce per non interessarsi quasi nessuno. La vicenda merita un’analisi rigorosa, per evitare chiacchiere da bar, fake news e attacchi al sistema di tutela, come avvenuto nella vicenda di Bibbiano. In quel caso i servizi sociali furono strumentalizzati in un momento politico delicato, trasformati nel “mostro da bruciare” per scardinare un sistema di welfare e conquistare una regione, senza che nessuno comprendesse che ladri di bambini - come certificano finora le sentenze - non esistono.

Esistono regole, rivedibili in uno Stato di diritto, esistono scelte complesse e dolorose. Le decisioni possono essere sbagliate, ma per valutarle serve conoscere tutta la storia, come evidenzia una lettera sottoscritta da centinaia di assistenti sociali e inviata all’Ordine nazionale, che denuncia «un attacco sistemico ai principi fondativi del welfare state e ai servizi deputati alla tutela dei diritti delle persone e, in particolare, dei minori». L’attacco c’è stato e il motivo è anche ideologico. Anche stavolta la ragione potrebbe essere elettorale, meglio, referendaria.

Di certo, ancora una volta, ha a che fare - così come nel caso di Bibbiano - con l’idea che la famiglia non si possa toccare, perché solo mamma e papà saprebbero cosa è meglio per i figli. Concetto teorico meraviglioso, ma talvolta sbagliato: genitori che fanno male ai figli esistono. Così le regole della società intervengono a tutela del minore, che non è mai proprietà dei genitori, ma portatore di diritti, prevenendo danni in attesa che le cose tornino a posto. Dopo il lupo, non poteva mancare il bosco. Ma c’è confusione sul funzionamento del sistema e sul caso concreto.

La famiglia Trevillion-Birmingham era monitorata da circa due anni. Durante questo periodo, il Servizio sociale, secondo il Tribunale dei Minori, ha tentato percorsi di sostegno, rifiutati dai genitori dei tre bambini - di età compresa tra i sei e gli otto anni - ora allontanati da casa. Segnalazioni di Servizi e Carabinieri documentano una condizione «di sostanziale abbandono» dei minori, «in situazione abitativa disagevole e insalubre e privi di istruzione e assistenza sanitaria».

La casa viene descritta come «un rudere fatiscente e privo di utenze», con una piccola roulotte annessa. I minori non hanno «un pediatra» e non frequentano la scuola. La situazione è emersa dopo un accesso al pronto soccorso per ingestione di funghi velenosi, nonostante papà Nathan abbia esperienza anche come «cuoco». I Carabinieri, con relazioni del 23 settembre e del 4 ottobre 2024, segnalano «indizi di preoccupante negligenza genitoriale», in particolare per istruzione e vita relazionale dei bambini, indicando come «imprescindibile una relazione tecnica sulla sicurezza statica del rudere».

La famiglia sembrava collaborare, ma il 14 ottobre i Servizi hanno certificato un’inversione di rotta: i signori Trevallion-Birmingham «hanno manifestato la chiara volontà di non recarsi a colloquio con la scrivente e l’impossibilità di concordare una visita a domicilio». Tra le azioni previste a sostegno del nucleo, «un’attività parallela a quella di supporto e monitoraggio già effettuata», con «un accesso settimanale dell’intero nucleo familiare presso un centro socio-psico-educativo comunale», ma i coniugi hanno «risposto di non essere più interessati».

Gli accertamenti sanitari obbligatori non sono stati compiuti. La pediatra, entrata nella vita familiare a luglio, grazie al Servizio, aveva evidenziato la necessità «di effettuare visita neuropsichiatrica infantile per una globale valutazione psicologica e comportamentale dei bambini, nonché esami ematochimici per una valutazione dello stato immunitario vaccinale». I genitori hanno dichiarato che li avrebbero concessi solo previo compenso di 50.000 euro per ciascun minore, frase poi definita dal nuovo legale Giovanni Angelucci «una boutade, una provocazione intellettuale lanciata in un momento di esasperazione».

La perizia dei genitori, che attestava l’assenza di lesioni strutturali, è stata giudicata dal Tribunale insufficiente a garantire l’incolumità dei minori. Il Tribunale ha sottolineato che la casa era priva di impianti essenziali, con problemi strutturali, umidità e assenza di collaudo statico, elementi che costituivano un rischio concreto per la salute e la sicurezza dei bambini.

Sull’istruzione, i genitori hanno prodotto un certificato di idoneità alla classe terza per la figlia maggiore, rilasciato dalla “Novalis Open School” di Brescia, attestando «la regolarità del percorso di istruzione parentale della figlia». I minori, ascoltati il 28 ottobre, non hanno però buona conoscenza dell’italiano, nonostante tale certificazione, confermata anche dal ministero dell’Istruzione, secondo cui l’obbligo scolastico sarebbe stato rispettato. Ma non è certo quello il punto, dice il Tribunale: il decreto provvisorio non è fondato «sul pericolo di lesione del diritto dei minori all’istruzione, ma sul pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione (art. 2 Cost.), produttiva di gravi conseguenze psichiche ed educative a carico del minore».

La mancanza di contatti con coetanei, affermano i giudici, che citano la letteratura scientifica, può compromettere lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, causando difficoltà di apprendimento, bassa autostima, problemi relazionali e isolamento. Il curatore speciale, in una memoria del 12 novembre, ha evidenziato inoltre che l’esposizione dei minori alla trasmissione “Le Iene” e la pubblicazione di foto e articoli hanno violato il loro diritto «alla riservatezza e alla tutela dell’identità personale». Secondo il decreto, infatti, i genitori avrebbero utilizzato i figli per ottenere vantaggi processuali, assumendo una posizione in conflitto con i loro interessi e cercando di influenzare l’opinione pubblica. Da qui le «gravi e pregiudizievoli violazioni dei diritti dei figli all’integrità fisica e psichica, all’assistenza materiale e morale, alla vita di relazione e alla riservatezza», che giustificherebbero la sospensione della responsabilità genitoriale e l’allontanamento dall’abitazione.

Questi gli atti. Nella cagnara pubblica, però, nessuno si è chiesto davvero quale fosse il migliore interesse dei bambini. La tutela dei bambini è una responsabilità collettiva: comprenderla significa mettere da parte ideologie e strumentalizzazioni, e guardare con onestà alla realtà concreta delle loro vite. Solo così si può davvero proteggere chi non può difendersi da solo.