La consigliera togata del Consiglio Superiore della Magistratura, Bernadette Nicotra, ha invitato a una riflessione critica sull’uso sempre più frequente delle pratiche a tutela da parte dell’organo di autogoverno della magistratura. «Ferma restando la libertà di manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita, occorre interrogarsi sull’utilizzo di questo strumento», ha dichiarato Nicotra, sottolineando come «pur essendo riconosciuta la prerogativa del Consiglio nel trattare e deliberare queste pratiche, ne sia stato fatto un uso eccessivo, forse anche a causa della loro innegabile valenza politico-mediatica».

Nicotra ha ricordato che le pratiche a tutela – introdotte nel 2009 – nascono come strumento di solidarietà nei confronti dei magistrati la cui attività possa essere stata messa in discussione da attacchi esterni o ingerenze. Tuttavia, ha avvertito, l’evoluzione recente ne ha alterato la funzione originaria. «Comprendo l’esigenza di tutelare la serenità di un magistrato nell’esercizio della sua attività, ma quando le circostanze assumono un carattere politico o ideologico, la pratica rischia di perdere la sua funzione genetica e di apparire come un intervento di parte», ha spiegato la consigliera.

Secondo Nicotra, in molti casi, la solidarietà dovrebbe piuttosto arrivare dall’Associazione nazionale magistrati (Anm) e non necessariamente dal Plenum del Csm, per evitare sovrapposizioni di ruoli. Nel suo intervento, Nicotra ha sottolineato che le pratiche a tutela non producono effetti giuridici e spesso si limitano a una dichiarazione formale del Plenum. «È uno strumento che vive di valore simbolico – ha osservato – ma la sua eccessiva frequenza può indebolirne la portata e ridurre la credibilità dell’istituzione». Un rischio, secondo la consigliera, accentuato dal clima di tensione tra magistratura e politica, in cui ogni presa di posizione del Csm rischia di essere letta in chiave polemica. «Soprattutto quando le pratiche riguardano organi politici, l’intervento del Consiglio deve essere improntato alla massima cautela – ha ammonito –. Serve abbassare i toni ed evitare occasioni che possano alimentare lo scontro».

Nicotra ha proposto di introdurre limiti più rigorosi all’attivazione delle pratiche, riservandole ai casi realmente eccezionali. «Occorre porre un freno tecnico e procedurale – ha concluso – perché se non viene limitata ai casi effettivamente necessari, l’attività rischia di esporre il Consiglio a un ridimensionamento del prestigio del proprio ruolo, con conseguente perdita di autorevolezza e credibilità».