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PALAZZO DI GIUSTIZIA PALAZZACCIO PIAZZA CAVOUR CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PALAZZACCIO
La sesta sezione penale della Cassazione di recente è intervenuta sui sequestri disposti in fase estradizionale, ribadendo che anche quando l’arresto provvisorio è richiesto da un Paese estero il vincolo sui beni deve essere sorretto da un provvedimento del giudice e da una motivazione specifica. Il caso riguarda un ricorrente arrestato su domanda dell’autorità statunitense per frode informatica, associazione per delinquere, estorsione con mezzi informatici, ricettazione e minaccia. La Corte d’appello aveva convalidato l’arresto e, in applicazione dell’articolo 714 del codice di procedura penale, aveva sequestrato quanto rinvenuto: documenti, denaro, carte di credito e dispositivi elettronici. La difesa ha impugnato lamentando l’assenza di motivazione e di finalità probatoria, soprattutto per il contante e le carte.
Il ricorso è stato giudicato parzialmente fondato. Prima di entrare nel merito, la Cassazione affronta un nodo rimasto a lungo controverso: serve la convalida del sequestro operato d’urgenza dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 716 del codice di procedura penale, insieme alla convalida dell’arresto? Una pronuncia datata 1995 aveva negato l’esigenza del vaglio valorizzando il dato letterale del comma 3 dell’articolo 716, che menziona solo la convalida dell’arresto.
Ma l’orientamento non regge più. La sesta sezione ha osservato che l’estradizione contiene sì regole speciali, ma non può creare vincoli cautelari reali senza un atto del giudice: «L’ordinamento interno non contempla ipotesi di vincoli cautelari, sia pur reali, in assenza di un provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria». E aggiunge che arresto e sequestro sono disciplinati «in maniera sostanzialmente unitaria» dentro l’articolo 716; separarne i destini significherebbe legittimare un sequestro “automatico”, incompatibile con il principio di legalità processuale e con le garanzie difensive.
Sul terreno del merito, il principio è stato declinato nella richiesta di una motivazione individualizzata circa la relazione dei beni con l’imputazione estera e la loro utilità probatoria: l’autorità richiedente si era limitata a sollecitare un sequestro probatorio «senza fornire ulteriori indicazioni specifiche» e la Corte territoriale aveva esteso il vincolo ad omnia reperta.
Per la Cassazione, una simile impostazione non è tollerabile quando si tratta di beni fungibili e strumenti di pagamento: rispetto a denaro e carte «la carenza di motivazione risulta particolarmente evidente», perché non è affatto scontato che tali cose «possano fornire elementi di prova», a differenza dei dispositivi elettronici e dei documenti informatici, che per tipologia e contenuto presentano una più immediata pertinenza con i reati informatici contestati.
Nel ricostruire il quadro, la sesta sezione richiama anche un precedente del 1999: all’epoca fu escluso il Riesame e indicato il ricorso per Cassazione ex articolo 719 del codice di procedura penale quale unico rimedio, ma fu annullata l’ordinanza di convalida del sequestro per difetto di motivazione. Dunque, il controllo giurisdizionale deve esserci e deve essere effettivo, tanto sulla sussistenza dei presupposti del vincolo reale, quanto sulla selezione concreta dei beni da apprendere.
Questa sentenza ribadisce un principio giuridico sacrosanto: in materia estradizionale, il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti, eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria ex articolo 716 del codice di procedura penale, deve essere sottoposto a convalida del giudice, e l’ordinanza che lo dispone ex articolo 714 del codice di procedura penale deve contenere una motivazione specifica sulla finalità probatoria in rapporto ai singoli beni.
Di conseguenza, la Cassazione censura i “sequestri a pioggia” adottata nel caso concreto e, ferma la legittimità del vincolo su cose intrinsecamente idonee a veicolare tracce dei reati (hardware, supporti digitali, documentazione informatica). Gli ermellini, nel caso di specie, hanno chiesto a una nuova sezione della Corte d’Appello, di colmare il deficit motivazionale verificando in modo puntuale se e come tali beni siano pertinenti al fatto o necessari ai fini probatori nel procedimento estero.


