Con la sentenza n. 162/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili i dubbi di legittimità sollevati dal Tribunale ordinario di Ravenna – sezione lavoro sull’articolo 14, comma 3, del decreto-legge 4/2019 (convertito nella legge 26/2019), relativo al divieto di cumulo della pensione anticipata “quota 100” con redditi da lavoro subordinato.

Il giudice rimettente contestava la lettura fornita dalla Cassazione – sezione lavoro, con la sentenza n. 30992/2024, secondo cui la violazione del divieto comporterebbe la sospensione dell’intero trattamento previdenziale per un anno, anche nel caso di attività lavorative saltuarie o di minima entità economica.

Il ragionamento della Corte costituzionale

La Consulta ha precisato che la disposizione impugnata non prevede espressamente alcuna sanzione per chi viola il divieto di cumulo, lasciando dunque spazio a una interpretazione costituzionalmente orientata. Il Tribunale di Ravenna, tuttavia, non ha scelto questa strada, limitandosi a richiamare la singola sentenza della Cassazione senza motivare in modo convincente la rinuncia a interpretare autonomamente la norma.

Per la Corte, quella pronuncia «rimane un caso isolato nella giurisprudenza di legittimità» e non può essere considerata un indirizzo consolidato. Mancano infatti i requisiti di reiterazione e stabilità necessari per definire un orientamento come “diritto vivente”, vale a dire un’interpretazione ormai radicata e obbligata nell’ordinamento.

«Non sussiste un diritto vivente»

La Corte ha chiarito che, in assenza di un orientamento consolidato, il giudice avrebbe potuto e dovuto interpretare direttamente la disposizione censurata, confrontandosi con il precedente della Cassazione ma senza considerarlo vincolante. Poiché non sussiste un “diritto vivente” in materia, la Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale, ribadendo che non spetta alla Corte sostituirsi al giudice nell’attività interpretativa quando l’ordinamento offre ancora margini per una lettura conforme alla Costituzione.