La Giunta per le autorizzazioni della Camera ha dato il via libera al conflitto di attribuzione davanti alla Consulta per la capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Giusi Bartolozzi, indagata per false informazioni nel “caso Almasri”.

Ora la decisione passa all’Ufficio di presidenza di Montecitorio, che dovrà stabilire se seguire o meno il parere, non vincolante, della Giunta. Dopodichè sarà l’Aula a esprimere il parere finale. A chiedere di sollevare il conflitto erano stati, nelle scorse settimane, i capigruppo di maggioranza, con una lettera durissima che attaccava il procuratore di Roma Francesco Lo Voi. In giunta era stato poi il deputato di FdI Dario Iaia a illustrare la relazione.

Secondo il meloniano, il reato contestato a Bartolozzi «è teleologicamente connesso» ai reati contestati al Guardasigilli Carlo Nordio, in quanto compiuto per proteggere il ministro. Un rapporto di strumentalità tale che «avrebbe dovuto imporre la trasmissione degli atti alla Camera dei deputati per l’attivazione della procedura di autorizzazione a procedere» anche nei confronti di Bartolozzi, così come avvenuto per Nordio, per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e per il sottosegretario Alfredo Mantovano. Secondo Iaia, «limitare la guarentigia ai soli co- indagati concorrenti nel medesimo reato del ministro equivarrebbe, pertanto, a svuotare di significato il principio di unitarietà del giudizio funzionale, aprendo la strada a elusioni della tutela costituzionale attraverso contestazioni meramente strumentali di reati satellite».

Insomma, qualora su Bartolozzi si procedesse per via ordinaria, il rischio sarebbe di portare in aula i ministri coperti da immunità, di fatto vanificando il voto dell’aula. Il che significherebbe - questa la logica della maggioranza processare per vie traverse il governo per il caso Almasri, con conseguenze politiche non di poco conto.

La via d’uscita, secondo la maggioranza, sta nella descrizione che lo stesso Tribunale dei Ministri e la procura hanno dato del comportamento di Bartolozzi, figura ritenuta fondamentale nella gestione dell’espulsione del torturatore libico, riaccompagnato a casa con volo di Stato. Secondo quelle versioni, Bartolozzi avrebbe mentito «per occultare i reati ascritti al ministro Nordio». Frase che, secondo la maggioranza, crea quel nesso teleologico invece negato da Lo Voi, «in considerazione della diversità – per titolo e tempi di commissione» - tra i reati attribuiti a Nordio e alla sua capo di gabinetto.

Una impostazione che per i capigruppo che hanno chiesto di sollevare il conflitto di attribuzione rappresenta uno «sviamento di potere: un uso distorto della discrezionalità, tale da impedire l’esercizio della prerogativa parlamentare sancita dall’articolo 96 della Costituzione e dalla legge costituzionale n. 1 del 1989».

Dure le opposizioni, che hanno votato contro la relazione di Iaia. «La maggioranza continua a ostacolare il regolare corso della giustizia - commentano, con una nota, Antonella Forattini e Federico Gianassi, rispettivamente capogruppo del Partito democratico in Giunta per le autorizzazioni e Commissione Giustizia della Camera -. Dopo aver impedito l’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario Mantovano nel caso Almasri, oggi tenta, in modo del tutto improprio, di estendere lo “scudo giudiziario” anche al capo di gabinetto del ministero della Giustizia, Bartolozzi. Questo nuovo intervento - affermano - rappresenta l’ennesimo tentativo di interferire con il lavoro della magistratura e conferma la gravità di quanto accaduto nei giorni in cui il Governo si è adoperato per liberare un criminale acclarato, responsabile di crimini e violenze gravissime. Un comportamento che offende la giustizia e mina la credibilità delle istituzioni. Siamo - aggiungono - di fronte a una responsabilità politica enorme: la maggioranza vuole impedire che emerga la verità. Ma la verità deve venire alla luce, perché nessuno - nemmeno il governo - può considerarsi al di sopra della legge».