Nella giustizia calabrese, cresce la speranza che i maxi processi vengano celebrati nelle aule di Tribunale invece che nelle aule bunker. Il recente passato ha visto una serie di difficoltà legate alla sede dei processi. Nel novembre del 2024, infatti, un’alluvione ha reso inagibile l’aula bunker di Lamezia Terme, dove fino a pochi giorni prima si stavano celebrando i maxi processi Reset e Maestrale- Carthago, tutte inchieste della Dda di Catanzaro, con un alto numero di imputati. La struttura è stata praticamente distrutta: sono saltati gli impianti elettrici e danneggiate le postazioni destinate a pubblici ministeri, difensori, stampa e pubblico. Un’opera da cinque milioni di euro voluta dal procuratore Nicola Gratteri e dall’ex ministro Alfonso Bonafede, e concessa dalla scomparsa presidente della Regione, Jole Santelli, al fine di celebrare il noto maxi processo Rinascita Scott in provincia di Catanzaro.

Fin dall’inizio, gli avvocati penalisti calabresi avevano criticato l’utilizzo delle aule bunker per i maxi processi, chiedendo che questi procedimenti si tenessero nei Tribunali, come previsto dal codice di procedura penale. La protesta, che ha attraversato gli anni, è stata ribadita ogni volta che si parlava di spostare le maxi inchieste della Dda di Catanzaro fuori dalla sede naturale. Il tema del “nomadismo giudiziario” ha assunto maggiore rilevanza quando il processo Reset, contro la ‘ ndrangheta cosentina, è entrato nel vivo. Solo l’alluvione ha reso impossibile celebrarlo nelle aule bunker.

Dopo la devastazione dell’aula bunker di Lamezia, tutti speravano che i processi Reset e Maestrale- Carthago si tenessero finalmente in Tribunale. Mentre per l’operazione contro le cosche vibonesi la situazione si è risolta positivamente, nel caso delle cosche cosentine la situazione è peggiorata.

La Corte d’Appello di Catanzaro e la Procura generale avevano individuato l’aula bunker di Castrovillari, ma questa struttura, chiusa da anni, presentava gravi carenze, tra cui temperature proibitive e un odore sgradevole di fogna, risolto solo dopo le segnalazioni. Nel frattempo, si è registrato l’ennesimo caso di nomadismo giudiziario.

Prima l’udienza preliminare dell’inchiesta Recovery sul narcotraffico del clan degli italiani di Cosenza si è tenuta nell’aula bunker di Catania, poi si è deciso di utilizzare nuovamente Castrovillari per il rito ordinario. Tuttavia, in questa fase è emersa una speranza. Cinque imputati dell’operazione Recovery sono stati sottoposti a giudizio immediato, con la celebrazione del processo nell’aula collegiale del tribunale di Cosenza. Una novità che ha permesso di riavviare un dialogo tra magistrati e avvocati per riportare il maxi- processo nella sede naturale.

Recentemente, il presidente del collegio giudicante, Paola Lucente, ha rinviato il troncone processuale del giudizio immediato al 16 giugno, con l’intenzione di riunire il procedimento principale, che coinvolge 95 imputati.

L’elemento nuovo, rispetto passato, sta nel fatto che nel provvedimento di riunione dei procedimenti non è stata indicata una sede diversa dal Palazzo di Giustizia di Cosenza, il che fa pensare che il processo Recovery si terrà nell’aula 1 della Corte d’Assise di Cosenza. Una decisione sostenuta dalla Camera penale e dal Coa di Cosenza, che avevano anche organizzato alcune giornate di astensione dalle udienze. Alla fine, la magistratura ha valutato positivamente le richieste degli avvocati. Il 16 giugno sarà, probabilmente, un momento da ricordare: il ritorno dei maxi- processi nella loro sede naturale e la fine del nomadismo giudiziario.