Il reato di abuso d'ufficio, abrogato in Italia dalla riforma Nordio con la legge 114 del 9 agosto 2024, approda la prossima settimana (mercoledì 7 maggio, giudice relatore Viganò) a Palazzo della Consulta. A rinviare la legge alla Corte costituzionale è stata la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 9442/2025, in cui gli ermellini, nell'ambito di un ricorso in cui la difesa chiedeva l'annullamento di una condanna ex articolo 323 del codice penale appena abrogato, hanno autonomamente rivalutato la sussistenza di profili di incostituzionalità nella riforma Nordio, promuovendo l'incidente costituzionale. In particolare, la Cassazione ha rilevato nella sua ordinanza che l'abrogazione dell'abuso d'ufficio potrebbe violare gli obblighi sovranazionali dell'Italia, in particolare la Convenzione dell'Onu contro la corruzione, adottata a Merida nel 2003 e ratificata in Italia con la legge 116/2003.

La Cassazione ha incentrato il rinvio alla Corte Costituzionale sul contrasto tra l'articolo 1 della legge Nordio e l'articolo 19 della Convenzione anticorruzione, in quanto quest'ultima prevederebbe l'adozione di misure penali che rispecchiano proprio il contenuto dell'articolo 323 del Codice penale italiano. Secondo la Corte, la riforma Nordio tradirebbe gli impegni assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione, che a differenza di altre convenzioni internazionali contro la corruzione sottoscritte dallo Stato italiano, ha un impianto organico che contempla non solo la repressione penale della corruzione, ma anche un ampio ventaglio di misure preventive.

Nonostante la Convenzione permetta la depenalizzazione di alcune condotte, la Cassazione ha sottolineato che l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, senza essere compensata da altri strumenti di tutela, come il sistema disciplinare interno alla pubblica amministrazione, lascia un vuoto pericoloso nella lotta contro la corruzione. Secondo la Corte, l'Italia con la riforma Nordio avrebbe violato l'obbligo di mantenere fermo, nella propria legislazione, un livello di efficacia nella prevenzione della corruzione. «La riforma - si legge nell'Ordinanza - ha violato l'obbligo di adeguarsi alle previsioni della Convenzione di Merida», che vincola giuridicamente lo Stato contraente.

Tuttavia, la Corte di Cassazione non ha esentato il Legislatore dall'intento di evitare fenomeni di paralisi burocratica e la crescente discrepanza tra il numero dei procedimenti avviati per abuso d'ufficio e quelli conclusi con una condanna. «Il legislatore - ha osservato la Corte di Cassazione - ha inteso non irragionevolmente scongiurare la diffusione della burocrazia difensiva, che comporta significativi riflessi negativi in termini di perdita di efficienza e rallentamento dell'azione amministrativa, specie nei procedimenti più delicati».