L’esperienza carceraria vissuta da Nicolas Sarkozy emerge con una forza narrativa inedita nel suo nuovo libro, dove l’ex presidente francese ripercorre i venti giorni trascorsi nella prigione di La Santé, raccontandoli come un passaggio tanto duro quanto rivelatore. In Diario di un detenuto il settantenne descrive un ambiente «tutto grigio», segnato da «violenza disumana», un luogo che ha modificato la sua stessa percezione del concetto di pena.

Nel suo racconto, Sarkozy rievoca l’ingresso nel carcere parigino, dove è stato tenuto in isolamento per ragioni di sicurezza dopo la condanna per associazione a delinquere legata ai fondi libici della campagna del 2007. La solitudine è stata interrotta soltanto dalle visite della moglie Carla Bruni e dei suoi avvocati. L’ex presidente descrive un’atmosfera cupa sin dai primi istanti: «L’atmosfera era minacciosa. Benvenuti all’inferno!», scrive, aggiungendo che «la violenza più disumana era la realtà quotidiana di questo posto».

La cella gli è apparsa simile a un «albergo economico, tranne che per la porta blindata e le sbarre», con un materasso rigido, un cuscino di plastica e una doccia poco più che simbolica. A colpirlo, soprattutto, è stato il rumore assordante che dominava le notti in carcere. Affacciandosi alla finestra il primo giorno, ha sentito un detenuto che «colpiva incessantemente le sbarre della sua cella con un oggetto metallico». Perfino il cibo è stato motivo di disagio: Sarkozy racconta di aver rifiutato i pasti serviti in vassoi di plastica, accompagnati da una «baguette molliccia e inzuppata» il cui odore gli provocava nausea. Per nutrirsi preferiva latticini e barrette di cereali.

Durante l’ora d’aria quotidiana, concessa in una piccola palestra, utilizzava quasi esclusivamente il tapis roulant. Nei suoi giorni dietro le sbarre gli sono stati riferiti diversi episodi di violenza tra detenuti, che definisce senza esitazione «un incubo».

Accanto al racconto personale, il libro contiene anche una parte chiaramente politica. Sarkozy offre consigli strategici al suo partito, Les Républicains, e rivela persino di aver parlato al telefono dalla cella con Marine Le Pen, un tempo rivale durissima. Nel testo spiega che il Rassemblement National «non è un pericolo per la Repubblica», pur sottolineando differenze programmatiche e la presenza di figure che definisce «problematiche». A suo giudizio, la ricostruzione dei Repubblicani «può essere realizzata solo attraverso il più ampio spirito di unità possibile».