Si allarga il numero degli Stati pronti a riconoscere lo Stato di Palestina. Il primo ministro canadese, Mark Carney, ha annunciato, nella notte tra mercoledì e giovedì, che il Canada riconoscerà la Stato palestinese nel corso dell’assemblea Onu prevista per settembre, unendosi a Francia e Regno Unito, mentre il Portogallo starebbe valutando il riconoscimento nei prossimi mesi, come dichiarato dal ministro degli Esteri portoghese, Paulo Rangel. «Chiaramente questa non è una possibilità a breve termine», ha detto il premier canadese, aggiungendo che il Canada si è unito agli sforzi di altri Stati per «preservare la possibilità di una soluzione a due Stati» e che «molto deve accadere prima che venga istituito uno Stato democratico vitale».

Carney ha poi sentito telefonicamente il presidente dell’Autorità nazionale palestinese ( Anp), Mahmoud Abbas, nel corso della quale Abbas ha elogiato la «posizione coraggiosa che arriva in un importante momento storico per salvare la soluzione a due Stati», e ha definito «storica» la mossa del Canada. Il riconoscimento della Palestina da parte del Canada sarà però subordinato alla all’assunzione, da parte dell’Anp, dell’impegno di realizzare «riforme tanto necessarie».

L’annuncio di Carney è stato condannato dal ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, «Israele respinge la dichiarazione del primo ministro canadese. Il cambio di passo del governo canadese in questo momento rappresenta un premio per Hamas e mina gli sforzi di raggiungere un cessate il fuoco a Gaza nel quadro di un accordo per il rilascio degli ostaggi», si legge nella dichiarazione. Anche il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non ha preso bene la decisione di Ottawa. «Wow! Il Canada ha appena annunciato che sosterrà la creazione di uno Stato palestinese», ha scritto il presidente degli Stati Uniti su Truth, «Questo renderà molto difficile per noi raggiungere un accordo commerciale con loro. Oh Canada!!!».

Nell’ambito delle tensioni crescenti tra i due stati del continente nordamericano il raggiungimento di un eventuale accordo commerciale potrebbe essere ostacolato dall’annuncio del governo di Ottawa. Anche Berlino è intervenuta nella questione, con il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, che pur ritenendo il riconoscimento dello Stato palestinese ancora prematuro, ha ribadito l’impegno del governo tedesco che «sostiene la soluzione a due Stati» e «non approva gli insediamenti illegali in Cisgiordania».

Wadephul ha dichiarato che l’annessione della Cisgiordania da parte di Israele «non sarebbe giustificabile dal diritto internazionale» e quindi «non è in alcun modo possibile». Wadephul ha però specificato che la Germania continuerà a collaborare con Israele per garantire che Hamas rilasci gli ostaggi, compresi i cittadini tedeschi, venga disarmato e cessi di avere influenza politica nei territori palestinesi «Non deve mai più rappresentare una minaccia per Israele», ha affermato. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri tedesco hanno scatenato la reazione del ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben- Gvir, che in un post su X ha scritto che «la Germania torna a sostenere il nazismo».

Nel frattempo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) ha dichiarato che le attuali condizioni di distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza sono «lontane dall'essere sufficienti» e rappresentano «una goccia nell'oceano». Le pause tattiche annunciate da Israele non consentirebbero il flusso continuo di aiuti che sarebbe necessario.

Allo stesso modo le Nazioni Unite hanno evidenziato i rischi legati all’iniziativa di Francia, Spagna, Gran Bretagna e Belgio di garantire rifornimenti aerei alla popolazione di Gaza. «Non siamo contrari», ha affermato il portavoce Farhan Haq, «ci sono, però, alcuni rischi. Alcuni dei rifornimenti aerei fatti all’inizio di questa settimana sono caduti sulle tende. C’è sempre la difficoltà di assicurare che gli aiuti possano essere lanciati in un luogo dove sia facile e sicuro per le persone recuperarli», ha proseguito Haq, «Vogliamo assicurarci che quante più nazioni e parti possibili siano coinvolte nel far arrivare gli aiuti. Il bisogno di aiuti è cruciale». L’ Onu ha poi ricordato che il modo migliore è quello di far arrivare gli aiuti tramite i camion via terra, come le Nazioni Unite avevano garantito all’inizio del conflitto.

«Il modo più rapido per porre fine alla crisi umanitaria a Gaza è che Hamas si arrenda e liberi gli ostaggi», è quanto ha scritto il presidente degli Stati Uniti su Truth. La dichiarazione di Trump segue all’appello lanciato al Movimento islamista palestinese dalla Lega araba in occasione della conferenza Onu di New York.

Gli stati arabi e musulmani, tra cui Qatar, Arabia Saudita ed Egitto, hanno lanciato per la prima volta un appello congiunto ad Hamas perché si disarmi e ceda il potere a Gaza, nell’ambito degli sforzi per porre fine alla guerra nel territorio palestinese. «Nel contesto della fine della guerra a Gaza, Hamas deve porre fine al suo dominio a Gaza e consegnare le sue armi all’Autorità palestinese, con l’impegno e il sostegno internazionale, in linea con l’obiettivo di uno Stato palestinese sovrano e indipendente», si legge nella dichiarazione.

Il testo ha condannato anche l’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas contro Israele, proponendo il dispiegamento di «una missione di stabilizzazione internazionale temporanea» su invito dell’Anp e sotto l’egida delle Nazioni Unite. «Abbiamo accolto con favore la disponibilità espressa da alcuni Stati membri a contribuire con unità militari», sottolinea la dichiarazione.