Con la lucidità e l’equilibrio del giurista che si occupa da sempre del rispetto dei diritti umani in Israele sulla Striscia di Gaza e in Cisgiordania, David Kretzmer, costituzionalista della “Hebrew University” di Gerusalemme, analizza la grave crisi umanitaria in corso. Con una ventina di eminenti accademici israeliani (si veda anche Il Dubbio del 23 maggio e del 12 luglio) Kretzmer ha firmato un’altra lettera inviata ieri al ministro della Difesa, Israel Katz, e ai vertici dell’autorità giudiziaria civile e militare d’Israele. Il documento si sofferma sull’obbligo di garantire l’ingresso e la distribuzione con urgenza degli aiuti umanitari sulla Striscia di Gaza, partendo da una premessa: la fame utilizzata come arma è un crimine di guerra.

«Il 4 maggio scorso – spiega al Dubbio David Kretzmer -, io e altri colleghi abbiamo già sollecitato il ministro della Difesa e i vertici militari sull’obbligo di Israele di consentire l’entrata di aiuti umanitari a Gaza. In quella occasione abbiamo sottolineato un orientamento molto chiaro della Corte Suprema, secondo il quale le autorità sono obbligate a “consentire e facilitare il trasferimento di aiuti necessari per soddisfare i bisogni essenziali della popolazione civile” sulla Striscia di Gaza, con tutto ciò che ne deriva».

Dopo poco più di due mesi, una piccola svolta. Il blocco totale all’ingresso degli aiuti umanitari è stato rimosso e con l’ausilio della “Gaza Humanitarian Foundation” è stato possibile iniziare, seppur a singhiozzo, la distribuzione di cibo e di altri beni di prima necessità. Una goccia nell’oceano, considerato che l’Ong americana conta su un numero limitato di centri di smistamento e costringe migliaia di persone a percorrere lunghe distanze, sotto le bombe, per procurarsi limitate razioni di cibo. In questo contesto la fame ha iniziato a mordere in maniera inarrestabile e a mietere sempre più vittime.

«Israele – scrivono senza giri di parole Kretzmer e gli altri giuristi - è responsabile dell’attuale grave crisi umanitaria sulla Striscia di Gaza, che rischia un ulteriore aggravamento. Ciò impone il dovere di adottare misure molto più urgenti rispetto a quelle messe in campo sinora. Israele deve consentire immediatamente alle organizzazioni competenti di portare gli aiuti. Le persone muoiono di fame a causa della continua incapacità di Israele di garantire l’ingresso e la distribuzione di aiuti umanitari, in aree che sono per lo più, se non interamente, sotto il controllo effettivo dell’esercito israeliano. Questo fatto non solo indica una violazione degli obblighi legali di Israele, ma costituisce anche una vergogna morale per lo Stato».

Particolarmente interessante un passaggio della lettera- appello in cui si sottolinea la funzione di controllo che solo i media liberi e indipendenti possono garantire per far conoscere al mondo intero quanto sta accadendo in pochi chilometri quadrati di Medio Oriente. «A fronte di numerosi resoconti attendibili provenienti da varie organizzazioni – si legge -, ricordiamo che Israele sta impedendo l’ingresso nel territorio ai giornalisti stranieri, che potrebbero fornire informazioni di prima mano. Sottolineiamo che, in una questione analoga, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha recentemente stabilito, nel caso Ucraina contro Russia, che quando una parte impedisce la raccolta di prove si applicherà una presunzione probatoria nei suoi confronti. Anche per questo motivo invitiamo a consentire l’accesso dei media a Gaza quanto prima.

Inoltre, le circostanze giuridiche e fattuali potrebbero far sorgere in capo ad Israele la responsabilità per omissione nell’ipotesi di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e, in determinate circostanze, persino per il crimine di genocidio.

Tale responsabilità potrebbe sorgere anche se si accettasse l'affermazione di Israele secondo cui il diniego di accesso a cibo e aiuti deriva dalla condotta deliberata di Hamas e anche se si accettasse l’affermazione di Israele secondo cui non è in grado di controllare tutte le aree».

La comunità internazionale nelle ultime due settimane ha espresso sempre più preoccupazione per l’acuirsi della catastrofe umanitaria. Abbiamo chiesto al professor Kretzmer cosa pensa del riconoscimento da parte della Francia dello Stato di Palestina. «La mossa del presidente Emmanuel Macron – commenta il giurista della “Hebrew University” - dimostra che la Francia non ha abbandonato il suo sostegno a una soluzione giusta del conflitto israelo- palestinese. Credo, però, che l’iniziativa francese non avrà alcun effetto reale tanto a Gaza quanto in Cisgiordania. Ciò che serve è un’efficace pressione internazionale da più parti per porre fine alla guerra e garantire protezione ai palestinesi in Cisgiordania. Al momento, inoltre, non è realistico parlare di una soluzione a due Stati, dato che manca la fiducia reciproca tra le parti in causa. Lo sforzo che deve fare la comunità internazionale è quello di credere in una soluzione che rispetti i diritti umani di tutti i cittadini in Israele e in Palestina con il riconoscimento del diritto di entrambi i popoli all’autodeter-minazione. Qualsiasi soluzione deve basarsi su questi principi. Inoltre, tutte le azioni di Israele volte ad annettere la Cisgiordania o Gaza devono essere condannate».

Kretzmer non crede che Benjamin Netanyahu sia sempre più isolato. «Certo – afferma -, il primo ministro ha perso la sua maggioranza parlamentare formale, ma gode ancora di un ampio sostegno politico. Ecco perché ritengo che la comunità internazionale debba fare più pressione su di lui, affinché ponga fine alla guerra. È difficile al momento immaginare dove voglia davvero arrivare Netanyahu.

Di sicuro non vuole andare in prigione e non vuole perdere il potere politico. Tutto, dunque, è legato a questi due fattori. Siamo in una fase critica della guerra e il rischio di una carestia di massa è concreto. Va anche detto che la maggior parte dell’opinione pubblica israeliana si trova in una sorta di stato di negazione. La comunità internazionale deve assumere una posizione molto più ferma ora, senza tentennamenti».