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Si accentua la frattura interna al Partito Democratico statunitense sulla guerra in Medio Oriente. Per la prima volta, oltre la metà dei senatori democratici ha votato a favore di due risoluzioni che puntavano a bloccare la vendita di armi a Israele. Le proposte, presentate da Bernie Sanders, sono state respinte dalla maggioranza del Senato – 70 i voti contrari alla prima e 24 i favorevoli alla seconda – ma rappresentano un chiaro segnale politico in risposta alla crisi umanitaria a Gaza.
Il senatore Sanders, figura storica della sinistra americana e promotore delle risoluzioni, ha dichiarato: «La storia condannerà chi non ha agito per fermare questi orrori». Le commesse oggetto del contendere valgono oltre 675 milioni di dollari e includono anche decine di migliaia di fucili automatici.
Molti dei senatori democratici che hanno appoggiato la mozione hanno precisato che il loro voto non rappresenta un attacco a Israele, ma una critica alle politiche di Benjamin Netanyahu. «Come sostenitrice di lunga data di Israele, voto sì per inviare un messaggio chiaro al governo Netanyahu: basta con la sofferenza dei civili innocenti», ha affermato la senatrice Patty Murray. Dello stesso avviso Jeanne Shaheen, capogruppo dem alla commissione Esteri, che ha spiegato di non poter più votare il sostegno militare «fino a quando non finirà l’angoscia a Gaza».
Il voto riflette anche un cambiamento nell’opinione pubblica statunitense. Secondo un sondaggio Gallup, il 52% degli americani disapprova Netanyahu, il dato più alto dal 1997. Il consenso alla guerra nella Striscia si ferma al 32%, con solo l’8% dei democratici favorevoli. Il contrasto con i repubblicani è netto: il 67% continua a sostenere il premier israeliano.